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Duke shfaqur rezultatin -9 deri 0 prej 2
  1. #1
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    21-11-2002
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    Il Cavallo Di Battaglia

    IL CAVALLO DI BATTAGLIA



    Stanno costruendo un cavallo nel cuore della cittą. Tutto il popolo ne parla a bassa voce, ma nessuno vuol pronunciare il suo nome. Si deve mantenere rispetto, anche se il lavoro non č ancora terminato, e il progetto č cosi ampio che gli spifferi qua č la non contano per niente. Sarą un nuovo cavallo. Molto pił gradito di quello di Troia. Gli altri popoli pensano che ci sarą la guerra. Č anche loro stanno sbirciando il nostro progetto.

    L’altro ieri qualcuno mi ha detto che in un altro stato si erano messi a fare qualcosa simile al nostro cavallo.

    -Porci! Ladri,-mi diceva, e io lo guardavo stordito. Si, era vero, presto tutto il mondo si sarebbe interessato di questo cavallo. Il nuovo millennio avrebbe portato il suo nome come dono d’onore, e per noi altri ci sarebbe stata una sola via d’uscita:adorare il nuovo simbolo che ci avrebbe difesi in ogni caso.

    I lavori avanzano a grandi passi in silenzio. Io mi sento turbato, e non vedo l’ora di rientrare a casa. Lą, dentro le quattro mura, mi metto in ginocchio, guardo vecchie foto che mi ricordano altri tempi e sospiro a fatica.

    Mi sento scivolare sotto la terra, e disperato grido aiuto. Ma nessuno mi ascolta, tutti sono lontani e occupati per darmi una mano. Finché io faccio un nitrito faticoso, e la terra comincia a tremare. La furia del cavallo che si avvicina č un terremoto inarrestabile. E io svengo, con la paura di essere diventato come lui. Il cavallo si arresta davanti a me, mi guarda stranamente, poi mi colpisce. Bruscamente. Svenuto come sono, sento che mi vuol seppellire sotto le macerie cadute dalla sua corsa. –Lo hanno costruito per me,-piango disperato, e trovo sempre la forza di svegliarmi nel cuore del mattino. Poi resto a pensare finche diventa tardi per uscire dal mio guscio isolato.

    Il lavoro del cavallo continua. Egli non sarą poi cosi mostruoso come lo penso io. Tanto fino ad oggi ho fatto solo degli incubi strani. No, in realtą ho sognato lo stesso cavallo in sogni diversi, ma questo conta poco. Magari la mia coscienza č cosi concentrata sulla vicenda, che io non riesco a toglierlo dalla testa per farmene una ragione. Magari č la colpa di quel ragazzo che mi assomigliava tanto. Parlava la mia lingua, e quando mi aveva visto, corse verso di me dicendomi:

    -IL cavallo, il cavallo! Ci seppellirą tutti!

    Anche lui sognava come me. O meglio i suoi sogni andavano incontro al cavallo.

    -Pazzo,-gli dissi ma intanto ero gią divenuto verde in faccia.- Di quale cavallo stai parlando? Non c’č nessun cavallo! Di che cosa hai paura stupido?

    Lui mi guardņ con occhi spenti, poi abbassņ la testa lentamente e mi volse le spalle, dicendomi per l’ultima volta:

    -Scusa, ti ho scambiato per un altro.

    Mentre io, rabbrividito dalla sua storia, mi persi tra la folla per non sentire pił l’orrore raccontato da uno sconosciuto.



    & & &

    Adesso ci sono ombre dappertutto. Ci sarą una guerra. La pił temuta, la pił terribile e sanguinosa fino ad ora. Io non so cosa fare. Tutto il giorno mi do per ammalato, e sdraiato sul letto provo a mantenere sveglio il mio coraggio. Prima o poi deciderņ di murare le finestre. Non mi sento sicuro, con la paura che un occhio innocente mi riconoscerą, e racconterą a tutti di me. Che mi succede?-parlo con la voce tremante, e mi nascondo frettolosamente sotto le coperte. Il buio penetra il mio corpo, fa morire i miei sensi, e io sento freddo. Solo e isolato, credo che tutti si siano dimenticati di me, e un giorno la storia del cavallo cesserą di esistere. Magari quel giorno uscirņ libero e sorridente in aria aperta. Andrņ a incontrare la gente, parlerņ con loro, raccontando a tutti la storia buffa della mia paura. Ma adesso non posso, il cavallo non č ancora pronto, ho sentito che il progetto va avanti lentamente. Serve altra gente che lavori. Altrimenti tutto sarą inutile. Io sbircio dal buco della porta, ma appena si avvicina qualcuno smetto di respirare. Sto sempre a pensare che un giorno verranno da me. Mi troveranno, e mi porteranno non so dove…

    …Sono loro. Gli sento mentre salgono le scale. Ma vengono proprio per me. Che faccio adesso?

    Apro la porta e due persone ben vestite si fermano davanti.

    -Volete entrare,-gli dico ma loro sorridono. Quasi non sanno che ci fanno in questo appartamento. Allora mi vesto in silenzio, do un’ultima occhiata alla casa e esco con loro. L’aria č fresca, e il sole tramonterą fra poco. Io cammino stufato dal silenzio creato. Magari si sentono in colpa per me,-penso e faccio di tutto per accontentargli. Cammino allo stesso loro passo, mi fermo quando loro hanno voglia di fermarsi, e non guardo niente e nessuno, come se sapessi che questo li faccia molto piacere a loro. Magari lą dove mi stanno portando c’č il cavallo e se loro hanno bisogno di me io gli aiuterņ. Anche se sono contro le guerre. Ma gli devo dare una mano per forza.

    Č naturale, sento il dovere di aiutare questi due sconosciuti. Anche se non so fare niente di buono. Non ho mai lavorato con i cavalli. Ah, se solo lavorassi nelle stalle... Potrei dormire lą, finché venisse il cavallo, stanco dalle battaglie del giorno, per riposare. Ma questa č una stupidaggine. Io lo so, ci saranno altri, migliori di me, che si occuperanno di questo.

    Come saranno i miei compagni di lavoro?

    Di quel che ho sentito sono tutti delinquenti, che svolgono il lavoro sforzato per pagare i loro reati. E IO che ci faccio in mezzo a loro? Si saranno sbagliati di me. Provo a dirglielo ai miei accompagnatori, ma č difficile disturbare il loro silenzio. Io non me la sento, sono cosi tristi, e il dovere che stanno compiendo li dą cosi onore.

    -Bravi,-bisbiglio e sorrido felice. Poi mi ricordo che in quel cantiere lavorano stranieri come me. Ci sarą anche il ragazzo del mio paese, quello che mi raccontņ il suo sogno in mezzo alla strada. Poi so che ci sono poveri e disabili, sfortunati in tutto e per tutti, insomma gente brava e coraggiosa. Ci sarą la gente che fa di tutto per rispettare i termini di una promessa.

    Cammino č ogni passo che faccio mi solleva l’umore. Č quasi assurdo, ma ho anche il tempo ti credere che le fatalitą, quelle che non ti danno via di scampo, cambiano una persona tormentata in una persona finalmente libera e felice. –Hanno ragione questi, sanno che per fortuna tutto finirą come se nulla fosse,-dico a me stesso.

    Ma il mio destino č diverso. Io sono scelto per fare una cosa non comune a tutti. E questo mi rende forte e capace di camminare sicuro. –Con tutto quel che sto pensando, mi vera la sette,-mi lamento e in un batter d’occhio, la mia gola diventa secca.

    -Possiamo fermarci un attimo a bere acqua?-chiedo ai miei accompagnatori, infelice per aver spezzato il loro silenzio. Ma questi non mi rispondono.

    -Non mi hanno ascoltato! Meno male,-e battendo le mani sorrido dimenticandomi per fino della mia voglia di bere. La strada č lunga, quasi vuota. Sole le ombre si inciampano qua e lą. Di colpo vedo avvicinarsi un vecchio che porta il bastone nelle mani. Si ferma davanti a noi, mi minaccia proprio a me, e mi da una bastonata cosi improvvisa e violenta, che io cado in terra sanguinante.

    Poi, aiutato dai due sconosciuti, mi pulisco come posso, mentre l’aggressore si allontana fischiettando un inno di battaglia.

    -Č un vecchio rimbambito,-penso e sorrido. Sorrido anche agli altri due, che per la prima volta si guardano a vicenda, sollevando le spalle.

    -Andiamo, č quasi tardi,-e il cammino avanza non so dove.

    -Bastardo! Si, tu, bastardo,-e mi sputano in faccia proprio all’entrata di un bar che conosco bene. Li conosco tutti lą. Il loro non č un comportamento giusto nei miei confronti. Perņ…eh, č da tanto che non frequento pił quel posto. Magari si sono stufati di aspettarmi e adesso si sentono offesi.

    -Scusatemi, scusatemi tutti,-grido e loro rabbrividiti, si allontanano in fretta.

    Ormai č buio totale. Un bambino viene a pisciare sulle mie scarpe. Sulle mie nuove scarpe, ma che mi importa. Io lo guardo curioso e penso agli figli che avrņ un giorno. Il bambino č cosi tenero e piccolo, che io gli avvicino l’altra scarpa, ma lui si mette a urlare :mamma, mamma!,-e se ne va via spaventato.

    Entrando in un vicolo cieco, uno dei due accompagnatori comincia a vomitare. Proprio su di me. Si sente veramente male poverino. Ho voglia di sacrificarmi per lui, ma č inutile. Lui sputa sangue, sangue, sangue, la sua guerra sarą stata durissima, penso.

    L’altro mi lascia solo, libero, e gli va incontro a dargli una mano.

    -Mi sento male, dice e mi guarda con odio profondo.- Non posso pił andare avanti. Sento di morire!

    -Lasciamolo qua. Tanto non ha dove andare! E tu ci devi aspettare qua. Capito?

    Io faccio cenno di si; sono veramente sconvolto. Quel poveraccio si č sentito veramente male. E adesso che faccio?-mi chiedo impietrito, con la minima voglia di andar via.

    Decido di aspettare. Tanto gli ordini vanno rispettati.

    -E il cavallo? chi penserą a costruirlo in tempo?-mi chiedo. Poi all’improvviso, capisco che la costruzione del cavallo durerą tutto il tempo del mondo. L’odio per gli altri, per i diversi, sarą cosi produttivo nei prossimi giorni, che alla fine il cavallo porterą proprio la bandiera di questa.

    Al buio e in solitudine, io mi metto in ginocchio e vedo le cose chiaramente. Allora era tutto vero? Io, noi, siamo la merce ambita dell’odio dei popoli.

    E qua mi blocco. Mi sembra orrenda la cosa. Ma mi fanno pena gli altri, questi sconosciuti nati in questa cittą, che soffrono pił di me. Che hanno pił mancanze di me. Che odiano per farsi odiare.

    Ma io non lo posso fare,-dico sorridente, e aspettando i due accompagnatori sconosciuti, mi addormento dolcemente, odiando per la prima volta me stesso…
    ERIS RUSI

  2. #2
    i/e regjistruar Maska e MtrX
    Anėtarėsuar
    29-11-2002
    Vendndodhja
    Korēė
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    755
    lexuar.
    Histori e kendshme, dhe ne nje italishte te perpikte, arrita te kuptoja cdo fjale, megjithese kam ca kohe qe nuk kam patur te bej me italishten. Urime per perdorimin kaq te mire te gjuhes se huaj, dhe perseri tregimi me la te kenaqur. Ka nje hije tragjike qe pershkon shumicen e tregimeve, megjithate ky eshte stili qe ke zgjedhur me tregimet e tua. Bukur shume bukur. shpresoj ta vleresojne dhe lexuesit italiane talentin tend.
    Ed.
    p.s. te sugjeroj te punosh pak me futjen e alegorive (ne mos gabohem, alegorite jane ngjarje te verteta - qe aludohen iu referohesh- te nderthurura ne nje histori krejt tjeter), dmth te japesh mesazhe te fuqishme te fshehura brenda tregimit, ne lidhje me cfare? nuk e di, mbase me te perditshmen e cdo njeriu, mbase me nje problem te pergjithshem. Kjo mund te ndihmoje te japesh ca mesazhe per te cilat cdokush mund te reflektoje pasi ka lexuar tregimin, e qe ti te arrish t'u shpjegosh, se nga e ke arritur ate mesazh, kjo do e bente te fuqishme prozen tende, mbase edhe ne letersine italiane, po mos i harro rrenjet gjithmone hehehe.
    Ndryshuar pėr herė tė fundit nga MtrX : 21-01-2004 mė 19:01
    MtrX ubicumque felix

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