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i/e regjistruar
Il volo delle Aquile
IL VOLO DELLE AQUILE
Dimmi del verso
che fece il tempo
quando il sole spense gli occhi
e mi guardņ la luna.
Non mi ricordo
il suono.
Dimmi del canto
che spense il vento
quando le foglie tremarono
e gli alberi chini
furono di fronte
al freddo.
Io ebbi paura.
Forse le aquile
nel loro paese
ormai non volano
e i cieli guariscono ferite
che colano
ancora oggi. Partita
a metą. Senza vincitore il caso.
Senza pietą.
Amore,
Speranza,
Caritą.
Non soltanto questo
pensarono gli occhi
vita, ma poi troppo stanchi
si abbandonarono alla solita
partita
da guardare e sparire poi
come vigliacchi.
Scapparono
le aquile
stanche.
E l'urlo sprofondņ
nell'abisso infuocato
del furore degli avi,
e l'anima
si pentģ
dell'amaro sapore
del suo dolore,
quando svegliarono il cielo
piangendo.
Dimmi
il loro urlo
raccontato nel tempo
dopo aver penetrato i monti,
andando via
e ritornando poi
sugli stessi mondi
di sete e fame.
Il loro volo
indescrivibile suono
di pianto nero, come catrame
colato
sulle nostre vie infinite
come sentieri di boschi
con foglie secche
e fitte
come erba bagnata
sulle strade.
Io non posso.
Non si puņ raccontare
ciņ che c'č stato.
Indietro
c'č solo odore marcio
e anelli di fumo.
Fa tutto parte
d'un pianto vigliacco.
Non posso far altro
che sentire ancora
il ricordo amaro
del suono,
e condannare
l'anima
al triste e, come sempre,
avaro perdono.
21.11.2002
S'kam kohe ta perkthej tani...here tjeter...
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i/e regjistruar
SHQIPERISE
Poco hanno scritto davvero di te
i tuoi muri:
ho letto soltanto delle tue lacrime
e sono svenuta in loro
piano
per contraddire il passato.
Troppo leggera
č l'acqua di quei fogli:
i tuoi mari
da sempre hanno diviso
persino te stessa.
Quanto sei ricca, Terra mia,
lo so io: il profumo di bergamotto
mi racconta di te e del veleno
che hai per lungo tempo preso.
Era come oro ai tuoi occhi
e tu ridevi cosģ ingenua
e confondevi gli odori
col profumo di limoni
perché rimanevano pulite le spiagge
e le vecchie
camminavano ancora con le sporte di paglia
in testa
come sempre. Per te era libero il prato
ad invecchiare,
e le lucciole t'accompagnavano
nell'idea della veritą dietro la porta.
Come sei vera, Terra mia,
lo so io: nel parlare di te
lacrimano gli occhi
e l'anima sembra coricarsi
in un'ombra pił lunga di se stessa.
Se t'ho vista soltanto piangere
č perché t'ho lasciato
e lo sapevi: č per questo, dimmi!
Come sono stata povera io
e per quanto t'amo ancora mi vergogno:
non ti ho guardata abbastanza
per poterti elogiare
sģ dolcemente come mi amavi.
Di te troppo poco ha lasciato intravedere
la pioggia.
Ora piangerņ cosģ
lasciando invecchiare i tempi
per chiederti un perdono pił grande.
06.09.2003
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