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  1. #21
    i/e regjistruar Maska e King_Arthur
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    27-04-2006
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    Detroit U.S.A por me zemer dhe shpirt ne elbasanin tim.
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    2,411
    bravo per shkrimin zbulim i bukur

  2. #22
    Peace and love
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    16-06-2006
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    usa
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    1,897
    O Medaur,jam kurioz cilet shkrimtare italiane e thone kete qe pretendon ti?
    Ke mundesi me me dhane emrat e tyre se kam deshire me i lexu?

  3. #23
    Patriot i moderuar Maska e Justiniani 2007
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    23-02-2007
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    150
    Mirėdita

    Bashkangjitur ėshtė pema e gjuhėve Euro-Indiane e ndertuar ne vitin 1974 nga Instituti i Gjuhėve nė Suedi dhe botuar mė 1975 tek libri botėror: Webster’s New Twentieth Century Dictionary, Unabridged Second Edition, De Luxe Color, William Collins and World Publishing Co., Inc., 1975.
    ISBN 0-539-048523-3

    Pra, siē shihet gjuha mė e vjetėr ėshtė SHQIPJA, gjuha e natyrės, gjuha e shenjtė. Gjithashtu mos harroni se gjuha Shqipe ėshtė e vetmja gjuhė qė i ndėrlidh tė gjitha gjuhėt e tjera. Njė pemė tė ngjashme botoi gjatė viteve 1985-1999 edhe historiani arbėresh (arvanitas) Aristidh Kola nė Greqi. Akademia Greke (bizantine) e Shkencave nuk e ka kundėrshtuar kėtė pemė, ka heshtur. Ē’tė thotė vallė?



    Perandorėt ilirė nė Perandorinė Romake (sipas viteve tė erės sonė):


    1 Deci 249-251
    2 Ostiliani 251
    3 Klaudi II 268-270
    4 Aureliani 270-275
    5 Probi 276-282
    6 Diokleciani 284-305
    7 Maksimiani 286-310
    8 Galeri 305-311
    9 Konstanci I 305-306
    10 Severi II 306-307
    11 Licini 307-323
    12 Konstantini i Madh 307-337
    13 Maksimini II 308-313
    14 Konstantini II 337-340
    15 Konstanti I 337-350
    16 Konstanci II 337-361
    17 Vetranioni 350
    18 Julian Apostati 360-363
    19 Joviani 363-364
    20 Valentiani I 337-375
    21 Valenti 361-378
    22 Garciani 375-383
    23 Valentiniani II 383-392
    24 Konstanci III 421
    25 Valentiniani III 425-455
    26 Marciani 450-457
    27 Leoni I 457-474
    28 Leoni II 474
    29 Anastasi I 491-518
    30 Justini I 518-527
    31 Justiniani I 527-565
    32 Justini II 565-578
    33 Tiberi II 578-582

  4. #24
    i/e larguar Maska e GL_Branch
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    02-11-2003
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    Arbany
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    Keto mbishkrime jane Messape (qe pretendohet dialekt i Ilirishtes):

    klohi zis thotoria marta pido vastei basta
    veinan aran in daranthoa vasti staboos
    xohedonas daxtassi vaanetos inthi trigonoxo
    a staboos xohetthihi dazimaihi beiliihi
    inthi rexxorixoa kazareihi xohetthihi toeihithi
    dazohonnihi inthi vastima
    daxtas kratheheihi inthi ardannoa poxxonnihi a
    imarnaihi.


    ndonje ide ketu? per zberthim e ndonje fjale ne shqip?

    Kurse ketu supozohet alfabeti messapik:

    Ndryshuar pėr herė tė fundit nga GL_Branch : 06-07-2007 mė 03:28

  5. #25
    Warranted Maska e Qerim
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    06-12-2003
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    Citim Postuar mė parė nga GL_Branch
    Keto mbishkrime jane Messape (qe pretendohet dialekt i Ilirishtes):

    klohi zis thotoria marta pido vastei basta
    veinan aran in daranthoa vasti staboos
    xohedonas daxtassi vaanetos inthi trigonoxo
    a staboos xohetthihi dazimaihi beiliihi
    inthi rexxorixoa kazareihi xohetthihi toeihithi
    dazohonnihi inthi vastima
    daxtas kratheheihi inthi ardannoa poxxonnihi a
    imarnaihi.


    ndonje ide ketu? per zberthim e ndonje fjale ne shqip?

    Kurse ketu supozohet alfabeti messapik:


    Ky shqiptim nga gjuha e shkruar e mesapeve eshte bere nga persona jo eksperte ose nga keqdashes, sepse gjuha e vertete e mesapeve do kuptohej shume mire ne shqip.
    Nje shembull me shume per kete eshte emertimi i nje mbreti mesap "Arthas" qe ne arberisht do te thote "Heroi".
    Fotografitė e Bashkėngjitura Fotografitė e Bashkėngjitura    
    Ndryshuar pėr herė tė fundit nga Qerim : 06-07-2007 mė 17:58

  6. #26
    Perjashtuar Maska e riu
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    05-12-2005
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    klohi zis thotoria marta pido vastei basta
    veinan aran in daranthoa vasti staboos
    xohedonas daxtassi vaanetos inthi trigonoxo
    a staboos xohetthihi dazimaihi beiliihi
    inthi rexxorixoa kazareihi xohetthihi toeihithi
    dazohonnihi inthi vastima
    daxtas kratheheihi inthi ardannoa poxxonnihi a
    imarnaihi.
    do duhej nei foto e mbishkrimit se nqs nuk dine gjuhen si e kan transkriptu alfabetin... nqs e kane bo me krahasim me alfabete te tjere s'del gjo, se krahinat i perdorshin ndryshe simbolet

  7. #27
    Warranted Maska e Qerim
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    06-12-2003
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    MANDURIA MESSAPICA I MESSAPI LA REGIONE IN CUI ABITARONO



    L’antica terra abitata dai Messapi, la Messapia, comprende la Penisola Salentina, pił precisamente il territorio dell’attuale provincia di Lecce, di quasi tutta la provincia di Brindisi e di una parte di quella di Taranto.

    Questa č un susseguirsi di piane fertili e ricche di sorgenti, adatte all’agricoltura, intervallate da basse colline adatte all’allevamento del bestiame.

    Questa favorevole morfologia del territorio, la facilitą di approdo dovuto alle basse coste e la felice posizione geografica agevolarono la venuta di genti provenienti dall’Egeo e dalla vicina Illiria; genti che contribuirono, con la loro cultura, alla formazione della particolare civiltą pugliese sin dall’etą del Ferro.

    Secondo lo storico Erodoto, verso la fine dell’Etą del Bronzo e l’inizio di quella del Ferro, ca. 1000-800 a.C. si stanziarono nella parte meridionale e orientale della penisola italiana, dal Gargano al Capo di Leuca, alcune popolazioni denominate IAPIGI.

    Infatti, pare che il primo re dei Messapi e detto iapige.

    Questi si dividevano in tre tribł:

    - Iapigi Dauni nella Puglia settentrionale;

    - Iapigi Peucezi tra l’attuale provincia di Bari e il Nord di Taranto, essi erano abili nell’uso della pece;

    - Iapigi Messapi tra Taranto e Egnazia a Nord fino al Capo di Leuca a Sud.



    CENNI STORICI (EXCURSUS STORICO)



    I Messapi, antica popolazione della Puglia, secondo la maggior parte degli studiosi, di origine illirica o greca o beotico-euboica o mista oppure cretese (nelle loro varianti), arcadico-pelagica, etolica, discendenti dall’eroe progenitore Messapo, soggiornarono dapprima in Illiria e di lą, per via transmarina o attraverso la terraferma, giunsero in Italia (precisamente nella Penisola Salentina) poco prima dell’ultimo millennio a.C., verso la fine dell’etą del bronzo e l’inizio di quella del ferro.

    In etą storica i Messapi parlavano un dialetto illirico che č testimoniato da oltre duecento iscrizioni scritte tra il 450 ed il 50 a.C. in un alfabeto ionico-tarentino.

    I Messapi, al loro arrivo, distrussero i villaggi capannicoli indigeni,della civiltą subappenninica e, come era naturale, portarono le loro usanze, la loro cultura e la loro arte nel Salento.

    Secondo alcuni studiosi il nome “Messapi” č composto dall’idronimo mediterraneo “ap” che significa acqua, essendosi essi insediati nel Salento bagnato da due mari.

    Le prime notizie storiche si riferiscono alla guerra contro Taranto.

    Battuti intorno al 500 a.C., i Messapi, popolo combattivo e indipendente, riportarono una grande vittoria nrl 473.

    Pochi decenni dopo, il principe messapico Artas prestņ aiuto agli Ateniesi contro Siracusa (413).

    Dal 343 al 338 i Messapi si batterono con successo contro il re spartano Archidamo III, accorso in aiuto a Taranto (che combatté cinque anni senza risultati decisivi e morģ in battaglia a Manduria, in territorio messapico, nel 338); vennero quindi sconfitti da Alessandro d’Epiro, intervenuto in appoggio alla cittą greca.

    Alessandro d’Epiro, invocato dai Tarentini (335 a.C.), iniziava invece un’altra politica: cercava cioč di conciliare Greci e Messapi in vista del pericolo sannita sempre pił grave, e ci riusciva.

    Alleati di Romanella prima e nella seconda guerra sannita, i Messapi si staccarono in parte da essa durante la terza guerra, impensieriti dalla crescente potenza romana, e si schierarono a fianco di Pirro nella lotta dei Tarentini contro Roma: ma furono sconfitti nel 280 a.C. e sottomessi nel 267-266.

    Mai del tutto assimilati alla civiltą romana, durante la seconda guerra punica essi si ribellarono, ma nel 209 i Romani recuperarono il territorio.

    L’ultimo tentativo di reazione a Roma si ebbe nella guerra sociale, poiché i Messapi si ribellarono nel 90 a.C., ma la riconquista romana avvenuta nell’88,a cui seguiva la concessione della cittadinanza romana, non faceva che riconoscere e nello stesso tempo accelerare il processo di romanizzazione che trasformņ del tutto l’antica gente illirica in latina.



    ORGANIZZAZIONE POLITICA



    Poco sappiamo degli ordinamenti politico-civili dei Messapi.

    Molto probabilmente erano i centri messapici organizzati in un sistema di alleanze di carattere confederativo: una confederazione di diversi staterelli ognuno dei quali conservava in tempi normali la propria autonomia in maniera assoluta e incondizionata, salvo poi a prendere atto della opportunitą o necessitą di allearsi contro pericoli di grande portata.

    Alcuni storici accennano a federazioni e ad alleanze anche occasionali tra cittą messapiche, evidenziando che molto spesso i Messapi, mostrando il lor spirito fiero, si opposero a Greci Romani in maniera unitaria, aggrappati disperatamente alla loro indipendenza fino alla definitiva occupazione latina.

    Le cittą erano rette dall’aristocrazia come avveniva nelle altre societą del Mediterraneo.

    Questo popolo in nessuna occasione ha cercato di espandere i propri domini ai danni delle popolazioni vicine o lontane, non ha mai pensato a guerre di conquista, ha solo difeso fino all’ultimo respiro la propria Terra nella quale da tempo immemorabile aveva stabilito la propria dimora dando vita ad un legame sanguigno, viscerale, fisico con questa Terra, organizzandosi in proprio per respingere le continue invasioni di Taranto.

    A tal proposito le cittą si circondarono di grandi cinta murarie, spinte appunto dalla necessitą di difendersi dalle incursioni Tarentine e forse dalla pirateria illirica, congiuntamente tese a procurarsi manodopera servile durante le razzie ne territorio salentino.

    L’organizzazione politica era basate sulle cittą-stato libere, ora rette da re, ora rette a repubblica, ma sempre indipendenti l’una dall’altra.

    A volte due o tre staterelli si federavano tra loro.

    Ogni staterello o (nel caso erano divisi in gruppo) gruppo di staterelli, aveva il proprio re.

    Sembra verosimile che i Messapi ebbero una complessa struttura amministrativa, come appare da alcune iscrizioni.

    La prevalenza, nelle notizie e nelle iscrizioni, di gentilizi di origine balcanica, accenna chiaramente all’esistenza di un patriziato uscito dalla classe dei conquistatori e dominatori illirici in tutta la Iapigia.

    Delle loro competizioni intestine, si servirono ai propri scopi Taranto e Roma.

    Si sa che nelle lotte con Cartagine le cittą seguirono le alternative di famiglie potenti parteggianti per Annibale o per Roma, da dove la loro sorte finale.

    L’antichitą ci ha tramandato parecchi nimi di re: Opis, Artas, Messapus ma di re o di regge si parla per cittą diverse: Uria, Rudiae, Brundisium, Lupiae e altre sedi tra cui si suppone Manduria.

    Forse ogni cittą, oltre a una bulé propria, ebbe anche un principe particolare.

    La federazione del 473 contro Taranto fu dunque una federazione politico-militare di cittą autonome.

    A federazioni di 12 o 13 cittą o popoli illiri, divisi in tribł, alludono le notizie o leggende raccolte dagli scrittori.

    Poiché il numero di dodici cittą si ripete per la Campania, per l’Etruria e per la Padania, deve trattarsi d’influsso dei sistemi federali adrģaco-egeo-ionici di dodici demi e rispettivi re con alla testa un capo.



    LA SOCIETA’ MESSAPICA



    La societą messapica si evolve tra l’Etą del Ferro e il periodo della romanizzazione da un livello decisamente tribale al livello “dello stato”.

    Questa evoluzione non č lenta e di carattere lineare: si tratta invece di uno sviluppo a scosso.

    Per illustrare i cambiamenti conviene parlare di tre periodi corrispondenti ad uno specifico livello di organizzazione.



    LA CITTA’ MESSAPICA



    Pariticolare genialitą dimostrano i Messapi nella costruzione delle cittą.

    La fondazione di esse avveniva secondo canoni ben precisi: terreni fertili, presenza di acqua, argilla e suoli adatti per allevamenti.

    Gią nella metą del X sec. a.C. si era formata una civiltą messapica ben distinta; ma occorre attendere l’inizio del VI sec. per l’attuazione dei primi veri insediamenti urbani, articolati e complessi, difesi da mura oppure da fossato.

    Nel corso del VI sec. a.C. infatti i Messapi, probabilmente per le mutate condizioni politiche venutesi a creare con l’arrivo dei coloni Greci di Taranto, tendono ad aggregarsi in abitati pił ampi per meglio difendersi.

    I piccoli villaggi a capanne, che occuparono pochi ettari ed erano circondati da muri a secco, vengono abbandonati a favore di nuovi insediamenti organizzati secondo una struttura greca e, in alcuni casi, circondati da mura e fossati.

    Dell’antica casa messapica ben poco sappiamo; almeno dopo i primi secoli dell’arrivo dei Messapi questa non doveva essere molto dissimile da quella abitata dalle popolazioni greche del bacino del Mediterraneo.

    Costruzioni eseguite in modo semplice senza valida fondazione, servivano solo alle funzioni elementari dell’uomo: mangiare, dormire, riprodursi, dal momento che le altre ore della giornata, consumate in attivitą pastorali, agricole e artigiane, si trascorrevano all’aperto.

    I nuovi abitanti, invece, pił forti e meglio difesi, sono ubicati nell’interno del territorio e sono collegati alla costa mediante approdi.

    A Manduria fanno riscontro Maruggio e Madonna d’Altomare.

    Si definisce cosģ, nel Salento, un sistema di insediamento che rimarrą inalterato sino alle distruzioni operate dai Romani.

    Le abitazioni della nascente organizzazione cittadina sono costruite con tufi cavati sul posto, le une accanto alle altre, con vani disposti intorno ad un cortile, all’inizio circondato soltanto da fossato e al solo piano terreno, con strade strette e non ancora ad angolo retto, a volte con disposizione urbanistica a raggiera, con strade convergenti verso una piazza centrale; spesso in zone impervie e lontano dalla costa per meglio favorire la difesa.

    Sono case a pianta quadrangolare, con zoccolo in pietra e copertura in tegole spesso dipinte in rosso o bruno.

    Successivamente sono inserite in un tessuto viario piuttosto regolare, con impianti di drenaggio per le acque piovane e marciapiedi; al centro della cittą, vi č una vasta area libera per gli incontri e gli affari.

    Sorgono quindi vere cittą difese da mura costruite con tufi squadrati, come Manduria con massi megalitici ben lavorati ancora ben visibili nel nostro territorio. In effetti i vari centri abitati, all’inizio non erano fortificati, perņ l’inasprirsi dei conflitti con Taranto spinge i Messapi a costruire cinte difensive con tecniche diverse a partire dal V sec. a.C. quando hanno inizio le guerre pił sanguinose tra la colonia greca di Taranto e l’ambiente messapico.

    Il perimetro delle mura abbracciava di solito anche il terreno coltivabile, per paura di un lungo assedio in modo da tenere al sicuro gli animali che servivano alla vita quotidiana.

    La cinta muraria normalmente č costruita utilizzando grossi blocchi di pietra scavati da un fossato all’esterno della cinta stessa.

    Resti imponenti di fortificazioni sono visibili a Manduria dove sono state identificate tre cerchie di mura concentriche.

    Il muro pił antico databile dal V sec. a.C., dal perimetro di circa due chilometri, č preceduto da un fossato ed č formato da grossi blocchi irregolari, lunghi sino a due metri e disposti “per testa”.

    Una seconda cerchia di mura č imposta in alcune parti del fossato.

    I suoi blocchi sono regolarissimi e perfetti e sono disposti alternativamente secondo la migliore tecnica greca del IV sec. a.C.

    Pił ampia e poderosa č infine la cerchia esterna, lunga poco meno di sei chilometri, le cui mura, hanno una lunghezza di oltre cinque metri e un’altezza di sei o sette metri; davanti corre un fossato molto ampio, accessibile dall’interno della cittą per mezzo di appositi passaggi sotterranei scavati nella roccia. La forte muraglia poggia, in alcuni punti, su tombe che risalgono al III sec. a.C.

    Questi impianti (messapici), a pochi chilometri l’uno dall’altro, sembrano non essere casuali, e con l’alternarsi di grandi centri e piccoli insediamenti sparsi offrono l’aspetto di una maglia triangolare, con lato di otto chilometri (circa) adattata alla zona pianeggiante, che privilegia le zone interne lasciando libere le coste da grandi concentrazioni, anche se i collegamenti col mare sono ben rintracciabili.

    La presenza dunque nel Salento di tante cittą messapiche, grandi e piccole, fa pensare che il contingente umano sarą stato numeroso e in grado di lasciare valide tracce a testimoniare le civiltą e il grado di cultura di questa gente.


    ETA' NEOLITICA E DEI METALLI



    E’ sempre impervio inoltrarsi nella preistoria, soprattutto quando le vestigia dell’antico sono scarse e incerte e le cui origini si perdono nel mito.

    Comunque č proprio da questo periodo che cominceremo lo studio di quell’etą lunghissima che precede gli ultimi millenni rivolgendo l’interesse al nostro territorio.

    Gli abitanti della nostra zona, dapprima non avevano insediamenti fissi, ma i spostavano sempre alla ricerca di cibo, di acqua dolce, di luoghi ove ripararsi. Tutto questo all’inizio della preistoria, nel Paleolitico.

    Ma poi i progressi furono continui, anche se incredibilmente lenti. Progressi culturali perché č soprattutto il possesso della cultura che ha consentito agli abitanti del luogo di adattarsi agli ambienti fisici diversi e poi anche di modificare l’ambiente fisico per adattarlo ai propri bisogni.

    Donne e uomini imparavano a costruire strumenti meno rozzi, scheggiando pietre come le selci che si sfaldavano formando spigoli molto taglienti, e facevano scuola, insegnando ad altri (grazie a quell’elemento formidabile che č il linguaggio).

    Strumenti per la caccia e per la pesca, strumenti per lavorare le pelli con cui costruire indumenti e oggetti in pietra e osso, sono stati conservati e ritrovati nei nostri siti.

    Questi oggetti possiamo osservarli, ora, nei musei archeologici di Taranto e Maglie, posti affascinanti per scoprire come eravamo e cosa facevamo.

    Gli uomini di questo tempo inventarono l’allevamento e questa fu una grande conquista, ma la vera rivoluzione si ebbe con l’agricoltura.

    L’etą Neolitica rappresenta una fase di grande diffusione degli insediamenti umani cui č interessato anche l’intero Salento.

    Per quanto concerne il territorio del nostro paese, le segnalazioni di presenze neolitiche non sono limitate ai soli siti costieri (canale S. Nicola, Torre Borraco, Specchiarica, Masseria Marchesi, S. Pietro in Bevagna), ma anche in aree interne come Contrada Terragna,Masseria La Fiate, Grotta Lucerna, Masseria Campanella, Contrada sopra la Foggia.

    La scoperta in quasi tutti i siti, di avanzi di intonaco argilloso, con chiare impronte di paletti e canne indica la presenza di villaggi costituiti da tipici insediamenti di capannicoli.

    Il periodo di massima diffusione di questi villaggi č legato all’aspetto della ceramica impressa, ovunque la pił rappresentata con particolare riguardo alla fase caratterizzata dall’associazione di ceramica impressa, incisa e graffita.

    I motivi decorativi di queste ceramiche (unghiate, punzonature, linee variamente combinate, roker, zig zag, spina di pesce, rombi e losanghe a reticolo) si ripetono uguali in tutti i siti e trovano perfetto riscontro nella tipica produzione vascolare neolitica.

    In tutti gli insediamenti, di cui abbiamo parlato sopra, la ceramica impressa č la pił rappresentata; la ceramica graffita mostra notevole varietą di forme e di motivi decorativi; la ceramica incisa č la pił rara.

    La produzione di oggetti d’uso nell’ambito di tale cultura č rappresentata da pestelli in pietra, da accette levigate, da resti di ossidiana e da frammenti di strumenti di selce quali grattatņi, falcette, come schegge appuntite.

    La presenza della selce e dell’ossidiana dimostra il pieno insediamento dei villaggi nelle campagne vicine. La distribuzione di questi villaggi non č casuale, ma legata alla scelta di terreni fertili e ricchi d’acqua.

    L’esigenza di evitare impaludamenti o ristagni puņ spiegare la particolare disposizione sul terreno dei villaggi che si sono sviluppati sui pianori anche minimi.

    La possibilitą di approvvigionamento idrico e la fertilitą dei suoli favorirono le attivitą economiche di queste popolazioni.

    Il territorio di Manduria presenta altre testimonianze relative all’etą dei metalli: precisamente alle etą del bronzo e del ferro. Comunque i dati in possesso non consentono di stabilire eventuali rapporti della fase del bronzo – ferro con la precedente etą neolitica e la successiva epoca storica.



    1) Etą del Ferro/Livello tribale (sec. IX-VIII a.C.)

    Societą in gran parte autosufficiente. Presenza di un artigianato poco articolato con specialisti per la produzione di oggetti in metallo e ceramica dipinta.



    2) Periodo arcaico/Livello proto-urbano (2^ metą sec. VI/1^ metą V sec. A.C.)

    Societą pił stratificata con nuovi schemi insediativi: prime opere pubbliche. Specializzazione nell’edilizia, produzione di terrecotte architettoniche: tegole; produzione di ceramiche per l’uso funerario e votivo.



    3) Periodo ellenistico/Livello dello Stato (fine sec. IV e sec, III a.C.)

    Diversi tipi di insediamenti (centro fortificato, “paese”, abitato pił fitto, edifici pubblici). Incremento della specializzazione nell’edilizia: comparsa della scultura e delle pitture parietali; sicura la produzione indigena di statuette di terracotta; perfetta standardizzazione della produzione ceramica con notevole ricchezza di forme e vascolari.

    A partire dal IX sec. a.C., la frequentazione ellenica nel Salento non č pił sporadica, ma continua.

    Questo portņ alle genti indigene nuove conoscenze che determinarono importanti mutamenti sociali, come la differenziazione di ceti e la nascita di aristocrazie locali.

    Ciņ č testimoniato da forme di accumulo di manufatti rari, come le asce di bronzo ritrovate in Manduria.

    Inoltre l’attivitą di scambio tra gli abitanti della costa adriatica e le isole e la costa greca dall’altra, provocņ durante il secolo Viii processi di trasformazione nell’assetto sociale messapico che portarono alla formazione di una aristocrazia in possesso di beni, ma anche di tecniche e culture importate dalla Grecia.

    In sostanza la societą messapica, come le altre dell’antichitą, si fondava sull’esistenza di “padroni e di schiavi”, ai quali ultimi appartenevano i discendenti delle popolazioni indigene sottomesse.



    E’ cosa certa che, col trascorrere del tempo, tra patrizi e plebei si creņ un ceto medio benestante che si dedicava al commercio e all’artigianato; si puņ ritenere che questo nuovo ceto accompagnņ la trasformazione del regime monarchico in repubblicano.



    INDIGENI: tenuti dai Messapi conquistatori in condizioni di rapporto quasi servile. Essi si dedicavano all’attivitą agricola-pastorale.



    CETO MEDIO: esso si dedicava alla fabbricazione di armi, di attrezzi agricoli e vari tipi di ceramica, dunque, al commercio e all’artigianato in genere.



    PATRIZIATO: nella societą messapica si evidenzia l’esistenza di una classe di conquistatori e di dominatori illirici che costituiva il Patriziato.



    LA RELIGIONE, IL CULTO




    I Messapi veneravano parecchie divinitą che rappresentavano le forze della natura, gli agenti atmosferici, le fonti d’acqua e di cibo; erano politeisti come la maggior parte dei popoli antichi.

    Essi onoravano i loro dei con celebrazioni in spazi aperti fra i boschi, oppure in grotte naturali o presso sorgenti, e non usavano edifici dedicati al culto religioso, come i pempli dei Greci.

    Solo con l’arrivo dei Greci, i Messapi cominciarono a imitarli costruendo templi e santuari, sempre perņ molto semplici.

    I Messapi erano in genere contadini e pastori e la loro vita dipendeva dall’abbondanza di raccolta e dalla nascita degli animali: perciņ essi veneravano soprattutto divinitą femminili, che rappresentavano la procreazione, la fertilitą non solo degli esseri umani, ma anche delle piante, della terra, degli animali.

    I Messapi del Salento veneravano una dea del grano e dei raccolti, Damarta, simile alla dea greca Demetra; adoravano la divinitą indigena Thana, forse corrispondente al latino Diana; nominano una dea Venas, corrispondente al latino Venus.

    Il massimo dio dei Messapi era Zis Batas, che essi raffiguravano come un pilastro o una colonna di pietra conficcata nel terreno, signore della luce e della folgore assimilato a Zeus dai Greci.

    I Messapi imitano i Greci e tale processo di ellenizzazione del mondo messapico č evidente anche nel culto.

    Adoravano uno Zeus Kataibates a cui erano dedicati alcuni santuari-emporio frequentati da naviganti e commercianti, e il dio Thaotor Andirraho (Inferus latino) da cui č derivato il nome latino tutorius (protettore), divinitą salutare legata alle acque che trova corrispondenza in molti luoghi del meridione.

    Alcuni studiosi mettono in relazione questo tipo di culto dentro l’abitato con il Fonte Pliniano di Manduria, tuttora meta di visitatori.

    I culti originari dei Messapi dovevano essere semplici:il culto illirico-epirotico di č attestato indirettamente da quello di Juppiter Menzana, dio al quale si sacrificava gettando un cavallo vivo nel fuoco.



    ABBIGLIAMENTO



    Uomini e donne indossavano pił o meno gli stessi capi d’abbigliamento, con qualche naturale differenza; caratteristica comune era l’ampiezza degli abiti, che lasciavano molta libertą di movimento, e la mancanza di cuciture e tagli nelle stoffe.

    Usavano nel vestire, come si vede nei vasi istoriati, una veste lunga che si stringeva ai lembi, con cappuccio; per calzari usavano una specie di sandali.

    Le stoffe usate erano di lana e di lino, pił spesse e rustiche o pił fini e morbide secondo l’uso e la stagione.

    Gli artigiani, i contadini lavoravano spesso a torso nudo e indossavano perciņ un gonnellino lungo fino al ginocchio; oppure una tunichetta rustica, stretta in vita da una cintura e allacciata sulla spalla sinistra per lasciare pił libero il braccio destro (cosģ era anche l’abito dei soldati).

    Le donne, poi, si vestivano di lunghe tuniche e si ornavano il capo con una specie di corona.

    Vi era, poi, un mantello di lana che le donne indossavano come uno scialle poggiato sulle spalle o sulla testa o avvolto intorno al corpo, gli uomini, invece, di solito lo portavano avvolto sotto le ascelle con un lembo gettato sulla spalla sinistra.

    Le stoffe avevano il colore naturale della lana o del lino e le mamme filavano e tessevano procurando il vestiario a tutta la famiglia.

    Le scarpe, portate senza calze, erano senza tacchi; assai comune per uomini e donne era il sandalo con una striscia di pelle che passava tra le dita del piede e si legava alla caviglia.

    C’erano poi scarpe chiuse. Comunque, tanti erano scalzi.

    La moda allora non era importante come ai nostri giorni.



    ATTIVITA’ ECONOMICHE



    I Messapi si dedicarono all’agricoltura, alla pastorizia e all’allevamento di cavalli, ma anche di cervi e di lontre.

    E’ stato scritto che era un popolo di allevatori e domatori di cavalli e non poteva essere diversamente dal momento che, in quei tempi, l’allevamento del cavallo era un sicuro guadagno.

    Furono bravi artigiani nella lavorazione dei metalli, compreso l’oro, e nella decorazione della ceramica.

    I Messapi intrattennero rapporti commerciali con gli abitanti di Micene, i quali conoscevano il Salento per il transito obbligato,quali cercatori di metalli (rame, stagno) e per raggiungere la Sicilia a sud per l’ossidiana e il Nord Italia alla ricerca dell’ambra.

    Attraverso il sistema degli approdi sullo Ionio e sull’Adriatico, i coloni greci svolgevano un’importante attivitą di scambio con le popolaziooni indigene: ceramiche, vino e olio giungono copiosamente.

    I ricchissimi ritrovamenti archeologici nel suo sottosuolo, di epoca anche preistorica (con armi paleolitiche e neolitiche), bastano da soli a dimostrare la grande importanza commerciale, la sua pił che millenaria civiltą.

    Anche per la monetazione IV a.C.) i Messapi scelsero la pił bella, i cui caratteri furono sempre incisi, prima della conquista romana, con lettere dell’alfabeto greco per gli scambi commerciali con popolazioni diverse, che avvenivano in lingua greca oppure etrusca.

    Manduria ebbe anche la sua moneta di rame con la testa di Apollo, da una parte, e con la leonessa con l’epigrafe MAN dall’altra.

    Dalle tombe messapiche si desume che la popolazione messapica dovette essere non molto ricca, se pure molto laboriosa, in confronto con il ricco materiale rinvenuto nelle tombe grache delle necropoli tarentine.

    Quando poi l’influsso culturale e commerciale di immigrazione greca raggiunse un livello cosģ alto da giustificare l’appellativo maestoso di Magna Grecia, il commercio, che fino allora era avvenuto col baratto delle merci, divenne sempre pił florido e pił vario per la coniazione delle prime monete, in maggior parte d’argento.



    CULTURA ED ARTE



    Quando si parla dei Messapi e del loro grado di civiltą, si fa spesso riferimento ai vasi di terracotta e alle loro decorazioni. Essi non conoscevano la plastica e raramente usavano metalli per oggetti di uso comune; perciņ tutti quei recipienti e quelle stoviglie che oggi nelle nostre case sono fatti di plastica, vetro, acciaio, ecc., i Messapi li facevano di terracotta, che si ottiene dall’argilla modellata e fatta cuocere in forno.

    L’argilla č un materiale molto economico, che č diffuso e abbondante nella zona, perciņ i vasi di terracotta si potevano produrre dappertutto anche nei pił piccoli e sperduti villaggi.

    Da ciņ la gran quantitą di terracotta rinvenuta durante gli scavi archeologici.

    Inoltre presso i Messapi c’era l’uso di deporre nelle tombe, accanto al defunto, un certo numero di vasi vuoti e pieni di generi alimentari, per la convinzione che l’anima del morto potesse farne uso nell’aldilą.

    E le tombe sono tutto ciņ che rimane di questo antico popolo.

    Le case sono state distrutte dal tempo; le tombe scavate nella roccia si sono invece conservate intatte per secoli.

    Quindi i vasi che si rinvengono nelle tombe sono importantissimi per giudicare l’epoca della sepoltura, il livello di abilitą tecnica, il gusto artistico, gli usi e i costumi di queste antiche genti.

    Le forme caratteristiche dei vasi messapici sono: i kalaths, lo stamnos e soprattutto la trozzella: tipo di vaso, quest’ultimo, con manici piegati ad angolo acuto e ornati di quattro rotelle, chiamate in dialetto salentino “trozze”.

    La decorazione, che nei pezzi pił antichi č monocroma, tende in seguito alla bicromia (nero e rosso); l’ornamentazione si basa su motivi geometrici, nei quali vengono introdotti elementi presi dal mondo greco, come palmette, rami di foglie, stelle, e in taluni casi rozze imitazioni della figura umana.

    I Messapi furono un popolo abbastanza evoluto, unici ad usare la scrittura tra i popoli Iapigi; erano nel complesso gente pratica e piuttosto austera.

    Usavano pochi ornamenti personali, ma avevano raffinate armature.

    I loro artigiani seppero costruire raffinate collane e preziosi diademi, tra queste va ricordata l’artistica corona in lamina d’oro in grandi foglie scoperta in una tomba messapica a Vaste.



    LA SCUOLA E I GIOCHI



    Fino all’etą di circa sette anni maschietti e femminucce crescevano insieme affidati alle cure della mamma.

    Superata quell’etą i maschietti, se la famiglia era povera, venivano avviati al lavoro in campagna o a bottega; se la famiglia era benestante cominciavano a studiare.

    Libri non ne usavano e si imparava tutto dalla viva voce e dall’esempio del maestro.

    In seguito i ragazzi frequentavano il “ginnasio”, che era una palestra pubblica in cui si allenavano e potevano anche ascoltare le conversazioni di uomini politici.

    I bambini messapi avevano la palla, di cuoio o di pezza, che usavano con le mani; la trorrola di legno o terracotta che facevano girare vorticosamente con una corda; le bambole di legno o terracotta, snodabili come i nostri burattini; gli astrągali, che erano come i nostri dadi da gioco, ottenuti dall’osso del tarso della capra o di agnello, che, numerati su quattro facce, venivano usati per giocare.

    Altri giocattoli erano pupazzi di terracotta che raffiguravano animali, o carrettini da tirare con una corda.

    Poi c’erano gli animali, grandi amici dei bambini: cagnolini, caprette, uccellini e perfino grilli e cicale.

    Insomma, i bambini d’allora non avevano i giochi moderni e complicati, ma in cambio avevano tanta fantasia e un maggiore amore per la natura e la vita all’aria aperta e si divertivano lo stesso.



    LE ARMI



    I Messapi dovettero sostenere per alcuni secoli lunghe e micidiali guerre a difesa della loro libertą.

    Quindi una delle loro attivitą pił comuni era la guerra.

    Poiché ogni cittą era uno stato autonomo, frequenti erano le piccole contese fra cittą vicine e a queste si aggiungevano le guerre con i Tarentini e successivamente contro i Romani.

    In genere tutti i cittadini dall’etą di 18 anni ricevevano una istruzione militare in comune, e fino a 50 anni dovevano correre sotto le armi quando ce ne fosse bisogno.

    L’educazione dei giovani tendeva a farne dei guerrieri; era un continuo allenamento a cavalcare, a usare l’arco e i giavellotti. La corazza che proteggeva il torace, all’inizio, era composta da due piastre di bronzo sagomate, una per il petto l’altra per il dorso, allacciate fra loro sulle spalle e ai fianchi.

    Per proteggere gli stinchi si usavano gambali di bronzo allacciati al polpaccio.

    La testa era protetta da un elmo conico di bronzo rivestito all’interno di cuoio.

    Come arma offensiva si usava la lancia, che era un’asta di legno lunga poco pił di due metri con una punta metallica.

    La spada era usata per il combattimento corpo a corpo.

    I soldati con armatura leggera erano armati di giavellotti (lance pił corte e leggere, che venivano scagliate) e di un pugnale.

    Altri gruppi di combattenti usavano abilmente arco e frecce o fionde per il lancio di piccole palle di piombo.

    I Messapi erano arcieri molto abili e temuti cavalleggeri, di eccezionale valore quando attaccavano con la cavalleria, per il fatto che ogni cavaliere disponeva di due cavalli affiancati, cavalcando al momento giusto il sopravvissuto oppure il pił fresco e il pił veloce, dopo il primo urto frontale di rottura, quando si entrava nel vivo del combattimento, cavaliere contro cavaliere.

    Ciņ č comprovato dallo scacco militare che inflissero ai Tarantini e dalla tenace resistenza, che opposero poi ai Romani, durante il lungo periodo del loro assoggettamento.



    IL CULTO DEI MORTI. NECROPOLI



    I Messapi, unici tra i popoli antichi, avevano il culto di seppellire i loro morti e di unire a questi i beni preziosi che avevano in vita.

    Essi li seppellivano sia all’interno che fuori delle mura di cinta, a differenza dei Greci le cui tombe sono state rinvenute sempre dentro le mura, per cui quando a Taranto (colonia greca) si cominciņ a seppellire fuori dalla cittą e a volte abbastanza lontano, il fatto suscitņ tale meraviglia da essere riportato dagli storici come evento eccezionale.

    Le tombe messapiche, che dimostrano sempre il rito a inumazione, fatte in pietra a cassa monolitica o composta da lastroni presentano sul fondo un’urna nella quale venivano riposti oggetti del defunto.

    Dal materiale rinvenuto, tra questo spesso la caratteristica trozzella, si puņ desumere che quella messapica dovette essere una popolazione piuttosto povera, anche se molto laboriosa, in confronto con il ricco materiale rinvenuto nelle tombe greche delle necropoli tarantine.

    Sempre sul fondo delle tombe si notano, ai quattro lati, degli incastri scavati nella roccia che servivano a sorreggere il piano di legno sul quale veniva deposta la salma, poggiata su di un fianco con le gambe contratte; le tombe erano, quindi, chiuse con un grosso lastrone di pietra.

    I Messapi credevano nella vita ultraterrena e, a dimostrazione della loro credenza, sono stati ritrovati nei sepolcri interi gusci di uova, che essi accumulavano nella speranza di una futura resurrezione e dell’eterno perpetuarsi della vita, insieme a tutto quello che occorreva al defunto per la sua esistenza dopo la morte.

    Si corre il rischio di attribuire ad una sola deposizione elementi di corredo funerario spettanti invece a pił inumazioni.

    Infatti č risaputo come nelle necropoli in ambito messapico si pratichi il riutilizzo delle tombe per le successive deposizioni, rispondendo in questo, evidentemente, a necessitą di ordine economico.

    In tal senso si spiega anche il pozzetto che spesso appare al centro del piano di posa delle tombe e che si rinviene talvolta occupato da resti scheletrici attribuibili alla deposizione originaria.

Faqja 3 prej 3 FillimFillim 123

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