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    19-06-2004
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    Ralph Waldo Emerson

    Gli uomini rappresentativi
    A CHE COSA SERVONO I GRANDI UOMINI





    E' naturale credere agli uomini grandi. Se gli amici d'infanzia ci apparissero improvvisamente come altrettanti eroi o di reale prosapia, ne saremmo sorpresi? Sorgono semidei all'alba di ogni mitologia, e questa circostanza è certamente alta e poetica; perché essa significa che il genio predomina. Nella leggenda di Gotamo, i primi uomini si nutrirono di terra e trovarono questo cibo deliziosamente dolce.

    La natura sembra esistere soltanto per coloro che eccellono. Il mondo è sostenuto dalla personalità degli uomini migliori; essi rendono la terra sana. Coloro che vissero con essi hanno trovata la vita gioconda e piena. Perché la vita è soltanto dolce e tollerabile quando noi abbiamo fede in tali esistenze; e, effettivamente, o idealmente, noi ci studiamo di vivere con degli esseri superiori. Non sono forse denominati con i nomi loro i nostri figli e i luoghi che abitiamo? Il loro nome è trasformato nei simboli della lingua, l'opere, le immagini loro ornano i muri delle nostre case, ogni circostanza della giornata è utile per ricordarci un aneddoto che li concerne.

    Cercare e scoprire l'uomo insigne è il sogno della giovinezza e la maggiore preoccupazione della virilità. Noi viaggiamo per trovare le sue opere e, se ci riesce possibile, per incontrarlo. Ma la fortuna spesso ci conduce ove desideriamo di trovarci.Voi dite: Gli Inglesi sono gente pratica, ospitali sono i Tedeschi, a Valenza il clima è delizioso e sulle colline di Sacramento, basta curvarsi per cogliere dell'oro. E vero, ma io non viaggio già per trovare delle genti ricche, ospitali o piene di comodità, oppure un cielo di cobalto o dei lingotti che costino carissimi. Ma se esistesse una calamita che potesse volgere le sue spire magnetiche verso le contrade e le case in cui vivono coloro che sono intrinsecamente ricchi e possenti, tutto venderei per acquistarla e da quel momento stesso mi metterei in cammino. La razza, secondo noi, procede per mezzo del credito che i Grandi suscitano. Il fatto di sapere che vive in una città un uomo che ha inventato le ferrovie aumenta il credito di tutta la cittadinanza; mentre delle popolazioni enormi che sono prive di un uomo insigne, sono disgustose, come del formaggio verminoso, come un ammasso di formiche e di pulci: maggiore è il numero, minore il valore. La nostra religione consiste nell'amare e prediligere questi dominatori. Gli Dei delle Favole altro non sono che i momenti migliori degli uomini grandi. Noi modelliamo su di un unico stampo tutti i nostri vasi. Le nostre colossali teologie del Giudaismo, del Cristianesimo, del Buddismo, del Maomettanismo, sono la necessaria azione formatrice dello spirito umano. Colui che studia la storia è come un tale che entri in un negozio onde acquistare dei tessuti o dei tappeti. Egli è sicuro di trovarvi un nuovo tessuto. Se invece si reca alla manifattura d'origine vedrà che la nuova stoffa non fa che ripetere continuamente i rosoni e le volute che si veggono disegnati sulle mura interne delle Piramidi di Tebe. Il nostro teismo è la purificazione dell'umano spirito. L'uomo non può dipingere, o creare, o pensare altra cosa che l'uomo. Egli crede che i grandi elementi materiali abbiano tratto la loro origine dal suo pensiero; e la nostra filosofia scopre una sola essenza raccolta e distribuita.


    Orbene, se noi conduciamo un' inchiesta sulle diverse specie dei servizi altrui, dei quali beneficiamo, stiamo in guardia circa i danni degli studi moderni, e prendiamo le cose molto da lontano. Non bisogna lottare contro l'amore o negare l'esistenza sostanziale degli altri. Non so che cosa ci accadrebbe. Noi siamo in possesso di forze sociali. La nostra affezione per gli altri crea una specie di profitto e di acquisto che niente può supplire. Io posso compiere a pro di un altro quello che non riesco a fare per me solo. Posso dire a tutti quello che, nonostante tutto, non riesco di confessare a me stesso. Gli altri sono delle lenti attraverso le quali leggiamo i nostri più profondi pensieri. Ogni uomo cerca coloro che sono più diversi di lui e coloro che sono, nel loro genere, i migliori; cioè egli cerca degli altri uomini, che siano maggiormente altri. Più forte è la natura e con maggior forza essa reagisce. Scegliamo la qualità pura. Non curiamoci di un piccolo genio. Una differenza rilevante esiste tra gli uomini. Si occupano o no dei loro affari? L'uomo è quella nobile pianta endogena che cresce, come la palina, dal di dentro al di fuori. L'azione che tenta, benché impossibile altrui, può essere da lui incominciata con lievità e celerità, come se scherzasse.

    E facile allo zucchero di esser dolce e al salnitro di essere salato. Spesso noi ci affatichiamo sconsideratamente al fine di prendere in trappola quello che può caderci in mano da se. Io reputo un grande uomo colui che vive in una sfera più elevata di pensieri, alla quale altri uomini non riescono a sollevarsi se non con grandi sforzi e difficoltà. Egli non ha che da aprire gli occhi per scorgere le cose nella loro vera luce e con vaste prospettive; mentre gli altri uomini, devono correggere continuamente il loro angolo visuale e tenere un occhio vigile su ogni sorgente d'errori. D'uguale specie è il servizio che ci rende. Costa così poco ad una bella persona fissarsi nei nostri sguardi con la sua immagine; eppure quale magnifico benefizio ne deriva. Non costa certamente di più ad un'anima saggia il comunicare la sua qualità agli altri uomini! E ciascuno può facilmente produrre quanto ha di meglio in sé: "Pochi mezzi, massimi effetti" E veramente grande colui che meglio riflette la sua natura e che mai, in verun modo, ci ricorda un altro o gli altri.

    Ma occorre che si riallacci a noi e che la nostra vita riceva da lui qualche promessa d'essere resa più chiara. Non posso dire quello che veramente vorrei sapere, ma ho osservato che vi sono delle persone che, mediante il loro carattere e le loro azioni, rispondono a certi quesiti che non ho l'abilità di pormi. Un uomo risponde a determinate questioni che nessuno dei suoi contemporanei ha prospettato e isolato. Le filosofie e le religioni del passato rispondono a loro volta a qualche quesito. Certi uomini ci appaiono dotati di ricche possibilità, ma, resi impotenti dalle circostanze, dai tempi e dalla loro stessa impossibilità fatto dovuto forse a qualche oscuro istinto che è nell'aria - sono muti alle nostre necessità. Ma i grandi ci sono sempre vicini. Di primo acchito li riconosciamo: essi soddisfano la nostra attesa e si trovano immediatamente al loro posto. Tutto quello che è buono riesce efficace, creatore: sa crearsi il posto conveniente, procurandosi gli alimenti necessari e procurandosi alleati. Una mela di qualità produce i semi, una ibrida no. Se un uomo si trova al posto per cui è creato, diventa fertile, costruttore, magnetico, impone le sue direttive a interi eserciti, ed è seguito impeccabilmente. Il fiume forma da sé le sue rive ed ogni idea legittima è benvenuta e si scava i suoi canali: delle messi come alimento, delle istituzioni come espressione, delle armi per combattere, dei seguaci per diffondere il verbo. Il vero artista ha come piedistallo la terra intera; l'avventuriero, dopo anni e anni di lotta, non ha che lo stretto terreno calpestato dalle sue scarpe.

    Il nostro discorso verte su due sorta di servizi o di utilità che gli uomini si ripromettono dall'essere superiore: Un dono diretto che si allaccia all'istintiva credenza degli uomini e un dono indiretto di aiuto materiale o metafisico, come quello della salute, della giovinezza eterna, dell'intuizione, dell'arte di guarire, della potenza magica e della profezia. Il fanciullo crede che esista un maestro che gli può vendere la saggezza. Le chiese credono al merito avente origine divina. Ma, strettamente parlando, noi non conosciamo gran che circa i servizi resi direttamente. L'uomo è endogeno e l'educazione n'è il naturale sviluppo. L'aiuto che altri ci può portare è una cosa meccanica paragonata con la scoperta della natura che operiamo in noi. Tutto quello che in tal modo s'insegna riesce dilettevole a compiersi e l'effetto dura. La morale più diritta è centrale e procede dall'interno all'esterno. Il donare è contrario alla legge dell'Universo; servire altrui significa servire noi stessi. Bisogna che nel mio intimo io mi assolva. Lo spirito dice: " Bada alle tue faccende. Superbo, vorresti forse occuparti dei cieli o delle altre genti?1>. Resta il servizio indiretto. Gli uomini possiedono delle qualità eminentemente pittoriche o rappresentative e ci servono nel campo dell'intelligenza: Behmen e Swedenborg hanno compreso che le cose erano rappresentative. Anche gli uomini sono rappresentativi, in primo luogo delle cose e in secondo luogo delle idee. Come le piante trasformano i minerali in cibo per gli animali, così ogni uomo trasforma qualche materia organica a profitto dell'umanità. L'inventore del fuoco, dell'elettricità, del magnetismo, del ferro, del piombo, del vetro, del tessuto di lana, della seta, del cotone; i fabbricatori di utensili, l'inventore del sistema decimale, il geometra, l'ingegnere, il musico; ciascuno d'essi, nei rispettivi campi, apre a tutti una strada facile, attraverso ignote ed impraticabili confusioni.

    Ogni uomo si riallaccia - per qualche ignorata affinità - a qualche segreta parte della natura, di cui è insieme il rappresentante e l'interprete, come lo è Linneo delle piante, Huber delle api, Fries dei licheni; Van Mons delle pere; Dalton delle forme atomiche; Euclide delle linee, Newton delle flussioni.

    Un uomo è, per la Natura, un centro che intreccia dei fili d'irradiazione a traverso tutte le cose, fluide e solide, materiali ed elementari. La terra gira, ogni zolla e ogni pietra gravitano sul meridiano; così qualunque organo, o funzione, acido, cristallo, grano di polvere sono in relazione diretta con il cervello. Lunga è l'attesa, ma arriva la loro volta. Ogni pianta ha il suo parassita e ogni cosa creata il suo amante ed il suo poeta. E già stata resa giustizia al vapore, al fuoco, al ferro, alla legna, al carbone, all'amianto, all'iodio, al grano, al cotone; ma ben pochi materiali sono usati dalle nostre arti. La grande massa delle creature e delle qualità è ancora nascosta e in attesa. Sembra che ciascuna d'esse, come la principessa incantata dei racconti delle fate, attenda l'uomo eletto, predestinato a liberarla. Bisogna che ciascuna d'esse sia liberata dall'incanto e, umanizzata, proceda verso lo splendore del giorno. Nella storia delle scoperte sembra che la verità latente si sia foggiato un cervello a se. Bisogna che uno spirito si sia incarnato, in qualche Gilbert, o Swedenborg, oppure Oersted, prima che lo spirito universale riesca ad utilizzarne la potenza.

    Se noi ci limitiamo ai primi risultati, una sobria grazia è inerente ai regni minerale e vegetale che, nei momenti supremi, si manifesta con il fascino della natura: lo splendore del fluoro, la precisione dell'affinità, il taglio simmetrico degli angoli: luce e oscurità, caldo e freddo, fame e cibo, dolce e amaro, solido, liquido o gas ogni cosa ci avvolge, simile a deliziose ghirlande riversanti l'illusione sulla vita, mediante la varietà dei loro contrasti. L'occhio ripete ogni giorno il primo elogio delle cose: ~ Egli vide ch'erano ottime ". Noi sappiamo dove trovarle, e questi deliziosi agenti non sono mal così cari come dopo aver fatto un'esperienza di desiderio. Noi vantiamo inoltre dei titoli ai maggiori vantaggi. Qualche cosa difetta alla scienza fino a che non è diventata carne. Una cosa è la tavola dei logaritmi e un'altra è il suo apporto, nel campo della botanica, della musica, dell'ottica, dell'architettura. I numeri, l'anatomia, l'architettura, l'astronomia progrediscono a prima vista in maniera incredibile quando, uniti con l'intelletto e la volontà, s'innalzano alla vita e riappaiono, nella conversazione, nel carattere, nella politica.

    Ma questo accade più tardi. Noi, per ora, non parliamo che della nostra famigliarità con essi, nella sfera che è loro propria e della maniera con la quale riescono ad affascinare e attrarre qualche genio che non si occupa che di una determinata cosa durante tutta la sua vita. L'identità tra lo studioso e la cosa studiata stabilisce la possibilità dell'interpretazione. Ogni cosa materiale ha un riflesso celeste; attraverso l'umanità trasvola nella sua necessaria sfera spirituale, dove rappresenta una parte tanto indistruttibile quanto ogni altra. È verso questo fine che tutte le cose gravitano. I gA si riuniscono ai solidi firmamenti; la particella chimica giunge alla pianta e cresce; giunge a! quadrupede e cammina; perviene all'uomo e pensa... Ma nel tempo stesso ciò che è costitutivo in sé, diventa rappresentativo... Il simile non può esser noto che al simile; la ragione per la quale due cose similari si conoscono consiste nel fatto che appartengono alla stessa specie. Sono appena uscite dalla natura dove han cessato di appartenere ad una cosa similare. Il cloro animato riconosce il cloro, e lo zinco incarnato lo zinco. La loro qualità procede; e può svelare pubblicamente le qualità diverse perché ognuna e composta di esse. L'uomo nato dalla polvere del mondo, non dimentica la sua origine; e tutto quello che oggi è ancora inanimato un giorno parlerà e ragionerà. Sarà rivelato il profondo segreto dalla natura nascosta. Diremo che le montagne di quarzo produrranno la polvere d'infiniti Werner, Von Buch, e Beaumont? E che il laboratorio dell'atmosfera nasconde, scomposti, non so quali Berzelius o Davy?

    Così, eccoci dunque accanto al fuoco e nelle condizioni di stendere le mani sui due poli della terra. È questa quasi onnipresenza che supplisce alla debolezza della nostra condizione. Non sembra che sia una ben povera cosa vivere una volta sola tali giorni celestiali in cui la terra ed il cielo s'incontrano e s'adornano a vicenda? Non vorremmo forse avere mille teste, mille corpi, onde poterne celebrare l'immensa bellezza in ogni luogo ed in ogni maniera? E forse un'immaginosa fantasia? Ma, in buona fede, noi siamo moltiplicati dal nostro prossimo. Con quanta facilità noi accettiamo di compiere i loro lavori! Ogni nave che giunge in America, è in debito verso Colombo della sua carta marina. Ogni poema è debitore d'Omero. Ogni stipettaio che scolpisca o bulini, toglie a prestito da un obliato inventore. La vita è cinta da uno zodiaco di scienze; contributo di uomini che sono morti per fissare un loro punto luminoso nel nostro cielo: L'ingegnere, il negoziante, il giurista, il medico, il filosofo, il moralista, il teologo. Ogni altr'uomo, in quanto havvi qualche scienza, è un definitore e un creatore delle carte di latitudine e di longitudine della nostra condizione. Questi tracciatori di strade che pervengono a noi dalle più diverse direzioni ci arricchiscono continuamente. Bisogna allargare i nostri orizzonti e moltiplicare le nostre relazioni. Noi guadagniamo tanto a trovare nella vecchia terra una nuova proprietà, quanto a scoprire un nuovo pianeta.

    Noi ci serbiamo troppo passivi nel ricevere questi soccorsi materiali o semi materiali. Non bisogna essere soltanto dei sacchi o dei ventricoli. Per salire un gradino ci serve anche la simpatia che sappiamo ispirare. L'attività è contagiosa. Guardando dove altri guardano e conversando delle stesse cose, noi siamo attirati dal fascino medesimo che li ha sedotti. Napoleone diceva: "Non bisogna battersi troppo spesso con il medesimo nemico, perché corriamo il rischio di insegnargli troppe cose".

    Se un soccorso gli uomini possono offrire, questo ci vien dato dalla loro intelligenza e dal loro affetto. Ogni altro soccorso, a mio avviso, non è che falsa apparenza. Se voi cercate di offrirmi del pane e del fuoco, io mi accorgo che pago queste cose a caro prezzo e, in fin dei conti, mi lasciano tal quale mi hanno trovato, né migliore, né peggiore di prima. Ma ogni forza mentale e morale è un bene positivo acquisito.

    Essa promana da voi, volente o no, e mi giunge profittevole, proprio quando io non ci avevo mai pensato. Io non posso sentir parlare di vigore personale di qualsiasi specie e d'una gran facoltà d'agire, senza sentirne rafforzata la mia risolutezza. Siamo spinti dall'emulazione di fare tutte le cose che sono nella possibilità dell'uomo. Le parole di Cecilia su Walter Raleigh: " Io so che può terribilmente soffrire ", stabiliscono un contatto elettrico. Così si dica del ritratto di Hampden, tracciato da Clarendon: " Egli (Hampden) possedeva un'attività ed esercitava una tale vigilanza, che nessuno tra i più laboriosi ed attivi riesciva ad eguagliano, ed era ricco di quelle qualità che nessuno tra i più intelligenti e penetranti riusciva a superare, mentre faceva mostra di un coraggio pari alle migliori sue facoltà personali": mentre lo stesso Clarendon dice di Falkland che " era un così severo adoratore della verità che gli sarebbe stato più facile rubare che dissimulare ". Non si può leggere Plutarco senza un fremito e condivido pienamente l'opinione del cinese Mencio: " Un saggio insegna a cento secoli. Sentendo parlare dei costumi di Loo, gli stupidi diventano intelligenti e gli indecisi, decisi".

    Questo è il lato morale della biografia; pure riesce difficile ai trapassati di toccare il nostro cuore così efficacemente come possono farlo i vivi, i cui nomi, forse, non durano tanto. Chi è colui al quale non penso mai? Mentre in ogni solitudine si trovano quelli che sono pronti a soccorrere il nostro genio, stimolandoci meravigliosamente. Vi è nell'amore una chiaroveggenza che scopre il destino di un altro, meglio di quanto possa farlo questo altro in persona, spingendolo a sostenere la sua parte, e fronteggiare il suo fato con degli incoraggiamenti eroici. Vi è forse cosa maggiore e più intensa, nell'amicizia, che la sublime attrazione verso ogni virtù che sia nell'amico? Mai, in questo caso, noi getteremo la vita come una cosa da nulla.

    E per questo che noi esaltiamo il senso dell'onore e, per un altro verso, il lavoro degli operai che costruiscono una ferrovia, non ci desterà più il sentimento della loro inferiorità.

    E in questo ordine d'idee che rientra l'omaggio, purissimo, secondo me, tributato dagli uomini di tutte le classi sociali ad un eroe contemporaneo, si chiami Coriolano o Gracco, o Pitt, Lafayette, Wellington, Webster, Lamartine. Sentite l'applauso della strada? Il popolo non può saziarsi di vederlo! Un uomo è il suo delirio. Ecco:
    Una testa ed un corpo. Quale fronte! Quali occhi! Delle spalle d'atleta e una figura eroica, che rivelano la forza interiore per far camminare la grande macchina. Quest'ebbrezza di piena espressione per tutto quello che è, ordinariamente nella privata esperienza, oscuro e irto d'ostacoli, sale sempre più in alto e costituisce il grande segreto della gioia che possiede il lettore davanti al genio letterario. Nessuna riserva; vi è fuoco abbastanza per fondere una miniera di minerale. Si può, sì, riconoscere la fortuna di Shakespeare nel fatto ch'egli sia, tra tutti gli uomini, colui che meglio conosce la lingua inglese e meglio sa esprimere con questa quello che vuole, pur tuttavia questi rivali non soffocati e questi vasti sbocchi d'espressione, altro non sono che salute e splendente costituzione. Il nome di Shakespeare invita a pensare ad altri benefizi d'ordine puramente intellettuale.

    I senati, i re, con tutte le loro decorazioni, le loro spade e le loro armature, non pronunciano un solo complimento che equivalga la parola dell'essere umano, da una certa altitudine intellettuale; l'espressione di pensieri che presuppongono la sua intelligenza. Questo onore che, nelle relazioni tra uomo e uomo, può ripetersi due o tre volte, costituisce invece la diuturna prerogativa del genio. Il quale si accontenta se, nel termine di un secolo, la sua offerta può venire accettata e compresa.

    Gli aflermatori dei valori materiali sono relegati, per così dire, al rango dei cuochi o dei confettieri, davanti agli affermatori delle idee. Il genio è il naturalista ed il geografo delle regioni sovrasensibili e ne traccia la carta; e aprendo dinanzi a noi nuovi campi di attività fa diminuire il nostro affetto devoto per coloro che ci precedettero. Questi nuovi campi d'attività sono immediatamente ammessi come la sola realtà possibile, mentre il mondo che ci circonda e che conosciamo, non ne è che l'apparenza.

    Frequentiamo la scuola di ginnastica e di nuoto per mettere a prova la bellezza e il vigore del corpo; ebbene, si prova la stessa sottile voluttà e se ne ricava un più alto benefizio, essendo testimoni d'ogni fatto intellettuale superiore alla media, come sarebbero: Azioni dovute alla memoria, combinazioni matematiche, grande potenza di astrazione, potere trasformante dell'immaginazione, la stessa versatilità e la concentrazione; perché questi atti scoprono gli organi invisibili e le parti dello spirito, che rispondono, membro a membro alle singole parti del corpo. Perché noi in tal modo, penetriamo in un nuovo ginnasio e impariamo a conoscere gli uomini e a sceglierli, secondo i segni che più li contraddistinguono, educati da Platone " a scegliere coloro che possono, senza l'aiuto degli occhi o di qualunque altro senso, procedere alla scoperta della verità e dell'essere". In prima fila, tra queste attività, esistono i salti pericolosi, le meraviglie e le improvvise resurrezioni prodotti dall' immaginazione. Quando questa è in assoluto risveglio, la forza del singolo sembra moltiplicarsi dieci, mille volte. Essa eccita in noi il senso prestigioso della lllimitata grandezza, ispirando un'audacissima attitudine mentale.

    L'elasticità mentale cresce a dismisura e una parola, in un discorso, dà ali alla fantasia schiudendo il volo del pensiero verso le vie lattee più lontane, mentre i nostri piedi si affondano nella polvere degli abissi. Questo è un reale beneficio, perché noi abbiamo il diritto a queste illuminazioni interiori e quando abbiamo varcati per una volta sola i limiti, mai più ritorneremo i miserabili pedanti di prima. Le alte funzioni dell'intelligenza sono così intimamente unite, che qualche potere d'immaginazione si trova d'ordinario, in tutti gli spiriti sommi; anche nei matematici di maggiore levatura, ma in modo speciale nei pensatori che possiedono un intuitivo abito mentale. Questa classe di spiriti serve all'uomo in quanto è altamente dotata della percezione dell'identità e di quella della reazione. Gli occhi di Platone, di Shakespeare, di Swedenborg, di Goethe non si fermano mal su una sola delle due leggi. La percezione di queste due leggi è una specie di misura dello spirito. I piccoli spiriti sono angusti; è peccato seguirli.

    Naturalmente anche questi festini possono finire in un eccesso.L a tendenza che abbiamo a deliziarci unicamente della ragione, può degenerare in una idolatria di questi suoi araldi. E specialmente quando uno spirito possente ha insegnato agli uomini che noi soggiacciamo a tal sorta di oppressione. Il dominio di Aristotele, l'astronomia di Tolomeo, il genio di Lutero, di Bacone, di Locke e, nella religione, la storia delle gerarchie, dei santi e delle sétte che hanno assunto, ciascuna, il nome del loro fondatore, ne sono una prova. Ahimè, in tal caso ogni uomo è una vittima E la debolezza degli uomini che spinge il p9tere fino all'impudenza. Un talento volgare si delizia nel meravigliare e nell'accecare lo spettatore. Mentre il vero genio si studia di difenderci dalla sua influenza. Il vero genio non vuole impoverire, ma liberare; non togliere, ma aggiungere nuove possibilità spirituali. Se un saggio apparisse d'improvviso nel nostro villaggio, creerebbe, in chi lo avvicina, una nuova coscienza di ricchezza, svelando agli spiriti inosservati ed impreveduti vantaggi; stabilirebbe un ordine d'immutabile uguaglianza morale, ci calmerebbe con l'assicurarci che non possiamo essere ingannati; perché ciascuno di noi scorgerebbe chiarissimi i freni e le garanzie che offre la singola condizione. I ricchi vedrebbero dove sono veramente poveri e disprezzabili, i poveri scoprirebbero le vie di salvezza e le nascoste risorse della loro condizione.

    Ma la natura fa sì che tutte queste cose accadano a suo tempo. La rotazione è la legge della natura. L'anima è impaziente di avere un padrone ed avida di cambiamento. Noi, altro non siamo che tendenze, o meglio, sintomi, e nessuno di noi è veramente completo. Noi non facciamo altro che sfiorare ed aspirare la spuma di molteplici esistenze, così, di gran carriera. La rotazione, ripetiamo, è la legge della natura. Quando essa ci dona un grand' uomo, esploriamo l'orizzonte per trovargli un successore, ma nessuno appare e nessuno apparirà. Con lui si estingue ogni possibilità di prosecuzione, e il genere in cui eccelle. Sarà in un altro genere, tutt'affatto diverso, magari opposto che darà un grand'uomo all'umanità. Non Jefferson, non Franklin, ma piuttosto un grande commerciante o un costruttore di strade; un istologo o un esploratore cacciatore di bufali, o nell'Est, un generale semiselvaggio. È in questo modo che noi teniamo testa ai nostri rudi dominatori; ma contro i migliori esiste un rimedio più sottile. Il potere che ci comunicano non appartiene ad essi. Quando Platone ci esalta con l'esposizione delle sue mirabili idee noi dobbiamo questa esaltazione non già a Platone, ma alle idee, verso le quali anche Platone è debitore.

    Non devo dimenticare che noi siamo in modo particolare debitori verso una determinata classe. La vita è una scala di valori graduati. Tra un rango e l'altro dei nostri grandi uomini esistono larghi intervalli. In ogni epoca gli uomini si sono lasciati guidare da un esiguo numero d'individui i quali, sia per la qualità delle idee che incarnavano, sia per la larghezza dei loro poteri di attrazione, sono stati scelti come capi o legislatori. Costoro ci educano sulle qualità della natura primaria, ci iniziano, cioè, alla costituzione delle cose. Noi navighiamo continuamente sopra un fiume d'illusioni e ci divertiamo effettivamente a creare città e castelli in aria, con i quali vengono ingannati gli uomini che ci circondano. Ma la vita è soprattutto sincerità. Nei lucidi intervalli noi diciamo: ~ Spalancate le porte alla realtà; è troppo tempo che io porto sul capo il berretto di pelle d'asino. Noi vogliamo penetrare il senso della nostra economia e della nostra politica. Dateci la chiave del segreto e se cose e persone sono la partitura di una celeste musica, decifriamone dunque i divini accordi. Siamo stati derubati della nostra ragione, purtuttavia esistono degli uomini che sono stati dotati di una sana natura ben aderente alle cose. Quello che sanno, per noi lo sanno. Ogni nuovo spirito, svela un segreto della natura; e la Bibbia non potrà esser chiusa prima che sia nato l'ultimo grande uomo ".

    Questi uomini modificano il delirio che invade gli spiriti terra terra, ci rendono attenti e ci indirizzano verso nuovi scopi e nuove possibilità di potenza. E la venerazione dell'umanità che destina questi esseri ai posti più alti. Ne è testimonianza l'innumerevole quantità di statue, di quadri, di monumenti che ricordano il loro genio in ogni città o villaggio, casa o nave.



    Sempre i loro fantasmi dinanzi a noi s'innalzano
    i nostri consanguinei di noi maggiori;
    essi regnan su noi, a tavola, a riposo
    con segni di bellezza ed atti di bontà.

    Come illustrare il benefizio delle idee, ed il servizio che rendono coloro che introducono la verità morale nello spirito generale? In tutta l'economia della mia vita io sono ossessionato da una perpetua tariffa di consumo. Se io lavoro nel mio orto a mondare un melo, ne provo un indubbio godimento, tanto che potrei occuparmi indefinitamente della bisogna. Ma ecco che mi salta in mente che un'intera giornata è passata e tutto quello che ho saputo fare è quel grazioso nulla. Vado a Boston o a New York e mi occupo delle mie faccende; concludo anche qualcosa, ma passa un'altra giornata. M'irrito pensando a quale prezzo ho pagato quel piccolo vantaggio. Mi ricordo allora della pelle d'asino, avendo indosso la quale e standosene comodamente seduti, si ottiene la completa soddisfazione dei proprii desideri; ma un pezzo della pelle se ne parte ad ogni desiderio soddisfatto.

    Mi reco ad una riunione di i fiantropi, e per quanto mi sforzi non riesco a distrarre lo sguardo dall'orologio a muro. Ma se in questo momento apparisse qualche nobile spirito, poco al corrente delle persone e dei partiti di Cuba o delle Caroline, ma che proponesse una legge atta a regolare cotesti dettagli della vita, assicurandomi l'equità, che dia scacco matto e annulli ogni possibilità di truffa, riducendo alla bancarotta ogni egoista e rendendomi nota la mia perfetta indipendenza da ogni condizione del paese, del tempo o del corpo umano, quest'uomo mi libererebbe; dimenticherei l'orologio; sarei francato dalla dolorosa relazione che ho con i miei simili; sarei guarito dal mio malessere, dalle mie ferite; e diventerei immortale, venendo a sapere che posseggo dei beni incorruttibili. Ecco qui una grande competizione di ricchi e di poveri. Noi viviamo in un grande mercato dove non esiste che tanto di grano, tanto di lana, tanto di terra. E se io posseggo tanto di più gli è precisamente perché un altro possiede tanto di meno. Sembra che io non possa procurarmi qualche po' di bene, senza una continua violazione alla legge del bene. Nessuna cosa è lieta per la gioia di un altro e il nostro sistema è un sistema di guerra, d'ingiuriosa superiorità. Ogni giovane della razza sassone è nutrito di un desiderio folle di supremazia. E il nostro sistema, e ogni uomo misura la grandezza propria dai rimpianti, dall'invidie, dagli odi dei suoi competitori.

    Ma in questi nuovi campi vi è dello spazio; qui non esistono dei gelosi egoismi e delle esclusioni.

    Ammiro i grandi uomini d'ogni genere e d'ogni categoria. Coloro che si attengono ai fatti, quelli che vivono di pensiero. Amo il corrucciato ed il sereno, il "Castigo di Dio " e il "Prediletto della umana razza ".Amo il primo Cesare e Carlo Quinto, Carlo XII di Svezia, Riccardo Plantageneto e Bonaparte. Plaudo all'uomo che si trova sempre all'altezza del suo còmpito, a un ufficiale che è all'altezza del suo grado; ai capitani, ai ministri, ai senatori. Amo un dominatore che sta saldo, piantato sulle sue ferree gambe, dal corpo armonicamente sviluppato, eloquente, ricco di qualità, dotato del potere di trascinare tutti gli uomini con il suo fascino, per crearne dei tributari e dei sostegni della sua potenza. Spada e bastone, o mezzi della stessa natura del bastone e della spada, fanno procedere il mondo. Ma reputo il dominatore tanto più grande quanto più può abolire se stesso e tutti gli eroi con lui, lasciando che penetri in noi quell'elemento di ragione che non ha riguardo per alcuno; quell'irresistibile e sottilizzante forza ascensionale distruggitrice d'ogni individualismo; quella potenza così grande ch'ogni potere annulla. Allora ecco un monarca che largisce al suo popolo una costituzione; un pontefice che predica l'eguaglianza delle anime e solleva i suoi servi da ogni barbaro omaggio; ecco un imperatore che può creare la potenza del suo impero.

    Desidero specificare, con una certa quale precisione, due o tre punti utili. Alla mia tesi la natura non risparmia mai l'oppio ed il veleno; ma tutte le volte che affligge la creatura nata da Lei con qualche deformità o qualche difetto, egli versa abbondantemente sulle ferite i fiori del papavero, e la vittima procede lietamente lungo la vita, ignorando la rovina, incapace di vederla, benché il mondo sia pronto ad additargliela ad ogni passo. I membri della società umana più indegni ed offensivi, la cui esistenza è una vera peste sociale, si considerano invariabilmente come coloro che sono i peggio trattati tra i mortali e non riescono mai a superare la meraviglia che l'ingratitudine e l'egoismo dei loro contemporanei suscitano in loro. Il nostro pianeta svela le sue virtù nascoste non soltanto attraverso gli eroi e gli arcangeli, ma anche mediante le comari e le serventi. Non vi sembra una combinazione ben rara quella che ha posto in ogni creatura una debita parte d'inerzia, la energia conservatrice che resiste e la collera per essere stato risvegliato o cambiato? Completamente indipendente dalla forza intellettuale che ognuno di noi possiede, è l'orgoglio della nostra opinione, il fatto di credere con sicurezza che si ha ragione.

    Non esiste la più debole nonna, il più ruminante idiota che rinunci a far uso di quella favilla di percezione o d'intelligenza che gli è rimasta, per ridere e trionfare in sé delle assurdità di tutti gli altri. La differenza dal mio io, ecco la misura dell'assurdo. Vi è forse qualcuno che supponga di aver torto? Non è un pensiero brillante che ha creata la coesione con le cose, di questo bitume, il più potente e resistente fra i cementi? Ma proprio mentre più sorridi di compiacimento per te stesso, ecco passare una figura che Tersite in persona avrebbe potuto ammirare ed amare. E' colui che ci deve guidare per la via che perseguiamo. E infinito l'aiuto che ci presta. Senza Platone noi perderemmo quasi la nostra fede nella possibilità di un qualche libro ragionevole. Piace a noi di unirci con delle creature eroiche poiché illimitata è la nostra ricettività; e con i grandi i nostri pensieri e i nostri modi diventano grandi. Noi siamo tutti saggi in potenza, benché così poco gli atti rispondano alle intenzioni. Eppure basta che un saggio sia con noi e tutti diventano saggi, tanto rapido è il benefico contagio.

    I grandi sono un collirio che guarisce dal contagio i nostri occhi, rendendoci capaci di conoscere altre persone e le loro opere. Ma esistono dei vizi e delle follie che si riversano sopra intere popolazioni e durante intere epoche.

    Gli uomini somigliano molto più ai loro contemporanei che ai loro progenitori. E stato osservato che delle vecchie coppie di coniugi, o anche soltanto delle persone che hanno lungamente coabitato, giungono a rassomigliarsi e che, se vivessero ancora per molto tempo assieme, non si riuscirebbe più a distinguerli. La natura aborre però da tali strane compiacenze, che minacciano di fondere in un unico blocco tutto il mondo e bada a rompere questa specie di lacrimevoli cicatrizzazioni. Lo stesso processo di assimilazione si produce tra uomini di una stessa città, d'una stessa setta, di un medesimo partito politico. Le idee del tempo sono nell'aria e " infettano " tutti coloro che le respirano. Vedute da una qualsiasi altezza questa città di New York, questa città di Londra, la civiltà occidentale tutta, appaiono nient'altro che un cumulo di cose insensate e di nefandezze. Noi ci aiutiamo reciprocamente a mantenerci in linea coi giorni che viviamo ed esasperiamo, per forza di emulazione, la frenesia del tempo. Lo scudo che ci difende dalle punture della coscienza, è la pratica generale; cioè i nostri contemporanei. Inoltre, è abbastanza facile di essere tanto saggi e tanto buoni quanto i nostri compagni. Impariamo dai nostri contemporanei quello che sanno, senza alcun sforzo, quasi filtrandolo attraverso i pori della pelle. Lo afferriamo, per simpatia, come può farlo una donna che giunge all'altezza intellettuale e morale del marito. Ma noi ci fermiamo dove loro si fermano e molto difficilmente riusciamo a procedere di un passo. I grandi uomini, o coloro che tutto ritraggono dalla natura e s'innalzano al di sopra dei comuni modi di pensare e di agire con la fedeltà alle idee universali, sono coloro che ci salvano dal pericolo degli errori in comune e ci difendono dai nostri contemporanei. Essi sono le eccezioni che ci occorrono, nella generale uniformità della vegetazione. Una grandezza estranea è l'antidoto sicuro contro lo spirito di combriccola.

    È per questo che, nutriti di grandezza e di genio, noi ci liberiamo dal peso delle conversazioni dei nostri simili, esultando unicamente al contatto della natura e lanciati verso quella direzione che ha scelto per noi. Qual indennizzo è il genio per un popolo di pigmei! Ogni madre desidera che almeno uno dei suoi figli sia un genio, dovessero restare dei mediocri tutti gli altri. Ma un nuovo danno appare nell'eccesso d'influenza dell'uomo grande. Il suo magnetismo ci sloggia dal posto che occupiamo. Eccoci diventati dei subalterni e, intellettualmente, altrettanti suicidi. Ma ecco che là all'orizzonte appaiono altri grandi uomini dotati di nuove qualità, contrappeso e freno alla reciproca influenza. Noi ci stanchiamo del miele stillato da una determinata grandezza. Ogni eroe, alla fin fine, è diventato un importuno. Occorreva che Voltaire avesse un cuore eccellente, eppure diceva di Gesù stesso: " Ve ne prego, ch'io non senta mai più il nome di quest'uomo! ~. Vengono esaltate le virtù di Giorgio Washington: " Al diavolo Washington!", ecco il grido del povero giacobino. Ma questa è la difesa indispensabile dell'umana natura. La tendenza centripeta accresce a sua volta la tendenza centrifuga. Noi contrapponiamo un uomo mediante il suo opposto e la salute dello stato generale dipende dall'equilibrio di questo bilancio. Nell'utilizzare gli eroi esiste però un limite, che si raggiunge facilmente. Ogni genio è protetto da una quantità di cose inutili. Sono attraenti in lui e da lungi paiono nostre, ma invece siam tenuti lontani da ogni parte. Quanto più veniamo attratti, tanto più siamo respinti. Vi è qualcosa di non solido nel bene che ci vien fatto; la miglior scoperta è pur sempre quella che l'inventore fa per se stesso. Resta sempre una cosa irreale per il suo compagno, fino al momento in cui essa sostanzia di sé l'altro. Sembra che Dio abbia rivestita ogni anima, che invia sulla terra, di certe virtù e di certe potenze incomunicabili al resto dei mortali e, mandandola a compiere in un altro giro nel ciclo delle esistenze, abbia scritto sulle vesti che la ricoprono: " Non cedibile " oppure " Buono unicamente per questo viaggio ". Vi è un qualcosa che inganna, in tutto ciò che riguarda le relazioni degli spiriti. I limiti ne sono invisibili, ma essi non sono mai varcati. Esiste una tale buona volontà di donare e, di riscontro, una tale buona volontà di ricevere che ognuno minaccia di diventare l'altro; ma la legge dell'individualità raccoglie la sua segreta forza: " Voi siete voi ed io sono io e così dobbiamo restare ".

    Perché la Natura vuole che ogni cosa resti tale quale è; e, mentre ogni uomo si sforza di crescere e di scegliere e di scegliere ancora e di crescere, fino ai limiti estremi dell'universo imponendo la legge dell'essere suo ad ogni altra creatura, la natura bada ostinatamente a difendere le individualità di ciascuna da ogni altro. Ad ogni singolo la propria autodifesa. Nulla è più precisamente segnato del potere che protegge ogni individuo dai suoi simili> in un mondo nel quale ognuno che agisce bene può diventar facilmente un malfattore, per il solo fatto di compiere e proseguire un'azione in un determinato punto, dove essa non deve essere svolta; dove i fanciulli sembrano essere così facilmente alla mercè dei loro stolti genitori, e dove quasi tutti gli uomini sono affetti dal male sociale a tal punto da esser continuamente spinti a mescolarsi negli affari altrui. Facciamo bene a parlare degli angeli custodi dei bimbi! Come sono superiori, questi ultimi, nella loro sfera di sicurezza, ben guardata dall'invasione dei cattivi, dalla volgarità e dai moti che hanno un secondo fine! I fanciulli riversano su tutti gli oggetti che contemplano la loro innocenza e la loro bellezza. Essi non sono alla mercè di educatori così meschini come noialtri adulti. Se noi li sgridiamo, molto in fretta dimenticano e non badano a noi, imparando a non contare che su se stessi; e se noi, stoltamente, li guastiamo, imparano il senso della misura altrove.

    Non è dunque necessario aver timore di un'eccessiva influenza; è permesso, anzi, una confidenza più generosa. Servi i grandi uomini, e qualunque umiliazione non ti sia a ciò d'impedimento. Non mercanteggiare qualunque servizio che tu sia in grado di fare. Sii una parte d~ loro corpo, come il soffio della loro bocca. Compi una transazione con il tuo egoismo. Chi bada a questo purché tu guadagni qualcosa di più ampio e di più nobile? Non badare al sarcasmo che ti accuserà di Boswellismo: la devozione può facilmente superare il miserabile orgoglio che ti rinchiude nelle sue reti. Sia un altro. Non te, ma un platonico; non un anima, ma un cristiano; non un naturista, ma un Cartesiano; non un poeta, ma un Shakespeariano. Vanamente; il cammino delle tue tendenze non vuole arrestarsi, ne lo vogliono le forze dell'inerzia, del timore o dell'amor proprio? Avanti, sempre più avanti! Il microscopio scopre una monade o un bacillo in mezzo agli infusori che circolano nell'acqua. Ecco che un punto appare sul corpuscolo, si allarga, si divide ed appaiono du6 corpuscoli diversi e completi. Questo stesso distacco ognora continuo, non è meno apparente in ogni pensiero e nella vita della società. I fanciulli credono di non poter vivere senza i loro genitori, ma molto prima che possano rendersene conto il punto nero è apparso ed il distacco è avvenuto. Alla prima occasione si rivelerà la loro completa indipendenza. Ma i Grandi uomini: - la parola è ingiuriosa. Esiste una casta? ilavvi uno speciale destino? Che accade della promessa fatta alla virtù? Il giovane pensoso si lagna della superfetazione causata dalla natura, e dice: " Bello e generoso è il vostro eroe! ma guardate là il povero Paddy che non ha altra patria che la sua carriola! Guardate tutta la sua nazione composta di Paddy !

    Perché le masse, dai primi giorni della storia ai nostri giorni son tutte quante gente da strage e carne da cannone? L'idea illustra qualche capo che è ricco di amore, opinione, sentimento, culto di sé; ed essi sollevano fino alla santità il concetto della guerra e della morte, ma ditemi il perché dei miserabili che essi pagano e uccidono?

    Il " nessun conto " della vita umana è la tragedia quotidiana. E costituisce in egual modo una perdita il fatto che gli altri siano in basso, tanto quanto lo fossimo noi stessi; poiché è necessario vivere in società.

    Si dice abitualmente, rispondendo a queste domande: La società è una scuola pestalozziana in cui ognuno è maestro ed allievo a sua volta. Giova a noi tanto il ricevere quanto il dare. Gli uomini che posseggono le medesime cognizioni non formano certo la migliore compagnia, in senso strettamente reciproco. Ma fate che venga una persona intelligente, dotata di altre qualità e fornita d'un diverso ingegno e accadrà come se voi svuotaste un lago dell'acqua, scavando un bacino inferiore. Sembra un vantaggio puramente meccanico ed è invece, effettivamente, un grande vantaggio per tutti coloro che parlano, perché in tal modo possono raffigurare a se stessi il proprio pensiero. Noi passiamo assai in fretta, nelle nostre personali disposizioni, dalla dignità alla dipendenza. E se scorgiamo taluno che mai si siede sulla poltrona ma resta sempre in piedi, intento a servire, ciò si deve attribuire al fatto che noi non abbiamo modo di frequentare la compagnia per un tempo così lungo, da vedere trasformate le parti. In quanto a quello che noi definiamo " masse " o individui comuni, è chiaro che non esistono "individui comuni". Ogni uomo, in fin dei conti, ha la medesima struttura; e non è possibile vera arte se non è sorretta dalla convinzione che ogni talento ha la sua apoteosi in qualche luogo. Leale il gioco, aperto il campo e le più fresche corone d'alloro a coloro che se ne son resi degni! Ma il cielo marca uno stesso orizzonte per gli sguardi di tutte le creature. Ognuno sta male fino a quando non abbia spinto alla concava sfera il suo raggio particolare, contemplando così il suo talento nella suprema nobiltà e nella suprema esaltazione.

    Gli eroi contemporanei sono relativamente grandi, d'una più rapida, crescente gloria; oppure sono coloro nei quali è sviluppata una determinata qualità che, al momento del successo, si trovava nella coscienza di tutti ed era da tutti richiesta. Altri tempi richiederanno altre qualità. Certi lampeggiamenti sfuggono all'osservatore ordinario ed esigono un occhio abile onde percepirli. Chiedete ad un uomo grande se ne esistono dei maggiori di lui. I suoi compagni saranno più grandi non quanto meno, ma quanto più la natura non li possa scorgere. La natura non fa sorgere mai un grande uomo sul pianeta senza confidarne il segreto ad un'altra anima.

    Un fatto particolarmente lieto scaturisce da questi studi ed è che il nostro vero amore ascende di continuo. Le glorie del diciannovesimo secolo saranno un giorno citate onde provarne la barbarie. Il genio dell'umanità: ecco il reale soggetto la cui biografia sta scritta nei nostri annali. Quante lacune sono da colmare nei nostri archivi!

    La storia dell'universo procede per sintomi e la vita è essenzialmente mnemonica. Nessun uomo, nel corteo delle creature elette, è ragione o intelligenza, o quell'essenza che ci sta a cuore di trovare; ma è, in qualche punto determinato, un'esibizione delle nuove possibilità. Auguriamoci di potere un giorno completare l'immenso quadro composto da questi punti che ancora sono mancanti. Lo studio d'ogni particolare individuo finisce per avviarci verso una regione elementare in cui l'individuo si annulla, o meglio, in cui tutte le individualità si toccano con le loro cime. Il pensiero ed il sentimento che sfolgorano su quei vertici non possono esser distrutti da alcuna barriera di personalità. Eccovi la chiave del potere di cui sono dotati i più grandi uomini - e' la loro stessa anima che si diffonde - -. Una nuova qualità dello spirito si espande notte e giorno fin dalla sua origine in cerchi concentrici e si propaga da se stessa con metodi ignoti. Intima appare l'unione di tutti gli spiriti; quello che ottiene di entrare in uno non può essere scartato da un altro; il minimo acquisto di energia su di un qualunque determinato punto è tanto di guadagnato per la repubblica delle anime. Se le differenze di talento e di opposizione scomparissero, nel considerare gli individui durante il tempo che è necessario per completare la carriera di ognuno, scomparirebbe ben più rapidamente ancora 1 ingiustizia apparente; tanto più se noi riusciamo ad innalzarci fino al punto dell'identità centrale di tutti gli individui, vedendo che tutti sono composti con una sostanza che crea e che comanda. Il genio dell'umanità è il vero punto di vista della storia. Le qualità perdurano; gli uomini che le manifestano ne posseggono in varia misura, ma passano. Le qualità si trasportano su di un altro fronte. Nessuna esperienza è più famigliare. Per l'addietro voi avete vedute delle fenici; sono scomparse, eppure il mondo non ha perduto per questo il suo incanto. I vasi, sui quali voi scoprite dei sacri emblemi sono stati un giorno del comunissimo vasellame. Ma il " senso " dei dipinti è sacro e per questo voi potete ancora comprenderli, sparsi su tutti i muri del mondo. Per qualche tempo le nostre guide ci servono personalmente come pietre miliari del progresso. Un tempo essi sono stati degli angeli della scienza e le loro figure hanno toccato il cielo. Poi noi ci siamo avvicinati, abbiamo compreso i mezzi di cui dispongono, la loro cultura, il loro limite ed hanno ceduto il posto ad altri geni. Felici quei nomi che si sono serbati alti, al punto da non poterli comprendere e in modo che né il tempo né i paragoni non hanno potuto toglier un raggio alla loro raggiera. Ma infine noi cesseremo di cercare negli uomini delle nature complete e ci accontenteremo della loro qualità sociale ben definita. Tutto quello che riguarda l'individuo è temporaneo e prospettico, come l'individuo stesso che franca i suoi limiti onde penetrare in una esistenza universale. Noi non potremo mai penetrare nei recessi del vero e migliore benefizio del genio, fino a che lo reputiamo una forza originale. Dal momento che cessa di aiutarci come causa, comincia ad aiutarci maggiormente come effetto. Allora egli appare come l'esponente d'uno spirito e d'una volontà più vaste. Il se stesso opaco diventa traslucido alla luce della Causa Originaria.

    Pertanto, nei limiti dell'educazione e dell'azione umana, possiamo dire che i grandi uomini esistono perché possano esistere altri uomini più grandi.

    Il destino della natura organizzata è il miglioramento e chi può assegnargli dei limiti? E dell'uomo il trionfare del caos; il diffondere, fin che vive, il seme della scienza e della poesia affinché il clima, il grano, gli animali, gli uomini diventino migliori e si moltiplichino i germi dell'amore e del bene.

  2. #12
    i/e regjistruar
    Anëtarësuar
    19-06-2004
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    Ralph Waldo Emerson

    Gli uomini rappresentativi - PLATONE, o il filosofo
    (Plato; or, the Philosopher)




    Soltanto Platone ha diritto, parlando dei libri eterni, al fanatico complimento che Omar faceva del Corano quando diceva: « Bruciate tutte le biblioteche, poiché tutto il loro valore è contenuto in questo libro». I suoi pensieri racchiudono la sapienza dei popoli. Essi sono la pietra angolare delle varie scuole e le fonti di tutte le letterature. È una disciplina in materia di logica, d'aritmetica, di gusto, d'armonia, di poesia, di linguaggio, di retorica, d'ontologia, di morale e di sag gezza pratica. Non esistette mai una così vasta estensione di specula zione filosofica. Da Platone deriva tutto quello che vien discusso e scritto dai pensatori. Le nostre personalità sono da lui distrutte. Noi abbiamo raggiunta la vetta donde sono precipitate tutte quelle enormi rocce. Da venti secoli è la Bibbia dei sapienti; alle sue fonti hanno bevuto le ardenti giovinezze di coloro il cui scopo è stato di dire delle cose belle alle generazioni che non ne volevano sapere... Boezio, Rabelais, Erasmo, Bruno, Locke, Rousseau, Alfieri, Coleridge, sono dei lettori di Platone, che hanno traslato nella loro lingua materna, le sue cose belle. Gli stessi uomini di maggior complessione soffrono di qualche diminuzione per il fatto, o la sfortuna (se si può dire) di venire dopo questo spirito completo che ha dato fondo a tutto il pensiero. Sant'Agostino, Copernico, Newton, Bebmen, Swedenborg, Goethe sono suoi debitori e sono costretti a parlare dopo di lui. Ed è ben giusto onorare il più vasto generalizzatore che sia esistito, per tutte le deduzioni in ordine particolare tratte dalla sua tesi.
    Platone è la filosofia e la filosofia è Platone gloria ed onta nel tempo stesso dell'umanità -; poiché né Anglosassoni né Romani son riusciti ad aggiungere qualche idea a quelle da lui espresse. Non ebbe moglie, figli, ma i pensatori venuti dopo di lui sono la sua posterità, impregnata del suo spirito. La natura non fa sorgere incessantemente, dalle sue ombre, dei grandi uomini perché siano dei Platonici? Gli Alessandrini, costellazione di geni; gli Elisabettiani che non lo sono meno; Sir Thomas More, Henry More, John Hales, John Smith, Lord Bacone, Jeremie Taylor, Ralph Cudworth, Sydenham Thomas Taylor, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.
    Il Calvinismo trae le sue origini dal « Fedone»; così pure il Cristianesimo. Il Maomettanesimo trae da lui tutta la filosofia contenuta nel suo manuale di Morale, lo Ahlak-y-Jalaly. In Platone il misticismo trova i suoi testi. Questo cittadino di una città greca non ha patria né focolare. Un Inglese legge e dice: «Come è inglese!». Un Tedesco legge ed esclama: « Ma è teutone ! » Un Italiano: « Come è romano e greco! ». Come è fama che Elena di Sparta possedesse quella splendente universale bellezza per cui tutti si sentivano legati da vincoli fraterni a lei, così Platone sembra un genio americano al lettore della Nuova Inghilterra. La sua larga, possente umanità supera ed annulla tutte le linee di demarcazione.
    L'universalità del genio platonico ci rende edotti su quello che dobbiamo pensare nella questione controversa relativa alle opere che gli vengono attribuite; in quanto a quello, cioè, che havvi d'autentico o d'apocrifo. È strano il fatto che accade sempre ed ovunque ci si trovi in presenza di un uomo che sovrasta dalla cintola in su tutti i contemporanei. Sembra che siamo costretti a discutere sull'autenticità o meno delle sue opere. Così accade per Omero, Platone, Raffaello, Shakespeare. Il fatto è che questi uomini magnetizzano i contemporanei in tal maniera, che essi riescono a fare, per loro, quello che, da soli, non avrebbero potuto mal nemmeno concepire. Il grande vive in molteplici corpi e in varie guise, dipinge, agisce, per mezzo di molteplici mani. E dopo qualche tempo è abbastanza difficile poter dire qual è l'opera autentica del maestro e quale ne è l'imitazione.
    Platone, come accade di ogni grande uomo, ha riassunto in sé il proprio secolo. Cos'è dunque un grand'uomo se non un essere dotato di vaste affinità, per il quale tutte le arti, tutte le scienze, tutto lo scibile è preso come nutrimento?
    Può far senza e può disporre d'ogni cosa. Quello che non appare buono per la virtù lo è per la scienza. Questa è la ragione per cui i suoi contemporanei lo accusano di plagio. Ma soltanto chi crea, sa togliere a prestito; e la società è ben contenta di dimenticare gli innumerevoli lavoratori che hanno contribuito all'opera di questo architetto, cui va, intera, la riconoscenza di quest'ultima. Sembra che quando si loda Platone, queste lodi vengano rivolte a delle sentenze derivate da Solone, Sofrone e Filolao. Sia pure. Ogni libro altro non è se non una citazione; ed ogni casa è una citazione derivata da ogni specie di foreste e di miniere e cave di pietra; ed ogni uomo è una citazione derivata dai suoi antenati. Questo inventore rapace obbliga tutti quanti a versare il loro contributo nelle sue casse.
    Platone riassume la scienza del suo tempo: Filolao, Timeo, Parmenide, Eraclide e tutti gli altri, poi il suo stesso maestro Socrate. E, sentendosi capace di una più vasta sintesi, si recò in Italia onde arricchirsi di quello che ancora poteva riservargli Pitagora; indi in Egitto, e può darsi ancor più lontano nell'Oriente onde importare, nello spirito europeo, l'altro elemento di cui l'Europa aveva bisogno (1). Quest'ampiezza di visione gli conferisce il diritto d'innalzarsi a rappresentante tipico della filosofia. Egli dice nella «Repubblica »: Il genio che i filosofi debbono assolutamente possedere non si trova che raramente, in un sol uomo completo in tutte le sue parti, ma le diverse parti invece si trovano in diverse persone. Ogni uomo che vuole fare bene una cosa deve discendere da un grado più elevato. Occorre cioè che un filosofo sia più che un filosofo. Platone, infatti, possiede tutte le splendide facoltà di un poeta, anzi ne occupa l'elevatissimo seggio e, benché io creda che non abbia posseduto il supremo dono della espressione lirica, se non è poeta nel senso vero della parola, gli è perché ha preferito servirsi del dono della poesia per uno scopo più alto.
    I geni sono quelli che hanno le biografie più brevi. Gli stessi congiunti non possono, in fondo, dirvi di loro niente d'interessante. Essi vissero unicamente nei loro scritti e la loro vita, in casa e nella società dei loro simili, fu banale o anche talvolta triviale. Se volete conoscere i loro gusti e la loro personalità rivolgetevi al più fedele ed ammirato dei loro lettori, sarà quello che più assomiglierà loro. Piatone, soprattutto, non possiede esteriori biografie. Se ebbe un amore, una sposa, dei figli, che ne sappiam di loro? Li ha tutti cancellati per comporre il suo quadro. Come un eccellente focolare converte e consuma la legna, così un filosofo converte il valore di tutte le sue fortune nelle sue opere intellettuali.
    Nacque nel 430 a. C. all'incirca, nel tempo in cui mori Pericle. Di famiglia patrizia, si dice che abbia avuta una precoce inclinazione per il mestiere dell'armi. Ma, a vent'anni incontrò Socrate che lo dissuase dal farsi soldato, ed egli allora diventò il discepolo di Socrate e gli visse accanto dieci anni, fino alla di lui morte. Si recò allora a Megara; invitato da Dione e da Dionigi, fu alla corte di Siracusa per ben tre volte, per quanto vi fosse molto capricciosamente trattato. Viaggiò in Italia; poi in Egitto dove soggiornò a lungo; alcuni dicono tre anni, altri tredici. Si sospetta che si sia recato a Babilonia, ma questo viaggio è più incerto. Di ritorno ad Atene, insegnò nell'Accademia a coloro che venivano a lui attratti dalla sua fama: e mori, secondo la tradizione, a ottantun anno.
    Ma la biografia di Platone è tutta interiore. Noi dobbiamo studiare la somma elevazione di quest'uomo in rapporto alla nostra razza, come avviene che gli uomini diventino suoi seguaci in proporzione alla loro cultura; perché come la Bibbia ebraica è diventato il libro di consultazione di ogni donna e di ogni uomo presso i popoli europei ed americani, anche nelle cose di piccolo conto, così gli scritti di Platone hanno influenzato ogni scuola scientifica, ogni pensatore, ogni chiesa, ogni poeta, rendendo impossibile di pensare altrimenti da come lui pensa, quando si è pervenuti ad un certo livello spirituale. Egli si rizza tra la verità e lo spirito d'ogni singolo uomo ed ha quasi segnato con il suo sigillo e con il suo nome, il linguaggio e le originarie forme del pensiero. Leggendolo sono colpito dell'estrema modernità del suo stile e del suo spirito. In lui, nel pensiero suo troviamo, i germi di quell'Europa che noi conosciamo così bene nella sua lunga storia di arti e di armi; qui sono fissati tutti i tratti salienti, evidenti nello spirito di Platone e in nessun altro prima di lui. Essa Europa ci è stata poi spiegata in un centinaio di storie, ma senza che queste vi aggiungano alcunché di profondamente nuovo. Questa perdurante modernità è il segno del valore in ogni vera opera d'arte; poiché l'Autore non si è perduto dietro all'effimero ed al circoscritto, ma si è attenuto alle linee maestre e durature.
    Come Platone sia giunto a rappresentare l'Europa, la filosofia e quasi tutta la letteratura, è il problema che ci accingiamo a sviscerare.
    Questo problema non avrebbe potuto essere affacciato se non fosse esistito un uomo sano, sincero, universale, capace di onorare, nel tempo stesso l'ideale, le leggi dello spirito e il destino, o l'ordine naturale. Il primo periodo di un popolo, come quello d'un individuo, è il periodo della forza bruta. I bimbi, piangono, strillano, pestano i piedi, con incosciente furore, incapaci di dar forma ai loro desideri... Il loro carattere diventa più dolce appena possono dire quello che desiderano e formulare dei perché. Anche quando gli uomini diventano adulti, fino a tanto che le percezioni sono ottuse, gli uomini e le donne parlano con molta veemenza usando superlativi, sragionando e litigando: i loro modi sono le risultanze dell'amarezza e del dolore. Il loro discorso è pieno di giuramenti. Non appena le cose diventano più chiare per causa della cultura, in modo che gli uomini non le vedano più in blocchi e in masse, ma appaiano accuratamente suddivise, rinunciano a quella inutile veemenza e prendono a spiegare in dettaglio il loro pensiero.
    Se la lingua non servisse all'articolazione, l'uomo sarebbe pur sempre ancora un essere selvaggio che vive nella foresta. Gli stessi difetti e la medesima debolezza appaiono in una sfera più alta, nell'educazione dell'ardente giovinezza degli uomini e delle donne.

    «Ah, voi non mi comprendete; non ho mai trovato una sola persona al mondo che mi comprendesse...». Ed essi piangono e sospirano, fanno dei versi, passeggiano schivi e solitari, senza esprimere con precisione il loro pensiero. Dopo un mese o due, grazie al buon genio che li assiste, incontrano qualcuno abbastanza in armonia con loro, e nella possibilità di esser vicino durante l'epoca vulcanica della loro passione. Si ristabiliscono dei buoni rapporti e diventano degli ottimi cittadini. Capita sempre così. Il progresso procede dalla forza cieca all'applicazione, all'abilità; alla verità.
    Esiste un momento, nella storia di ogni popolo, in cui, liberandosi dalla giovinezza bruta, le potenze della percezione raggiungono la loro piena maturità, eppure non sono ancora diventate microscopiche. In ugual modo l'uomo, nel preciso momento, si distende su tutta la lunghezza della sua scala ascendente, ed avendo ancora i piedi tra le immense forze delle tenebre, conversa con gli sguardi con le collane siderali e la luce del sole. Questo è il momento del pensiero adulto, il culmine della potenza. Tale è, sotto tutti i punti di vista, la storia dell'Europa; e tale è la storia della filosofia. I suoi primi Annali, che sono quasi del tutto scomparsi, trattano dell'immigrazioni asiatiche e portano con sé i sogni dei barbari; una congerie d'idee confuse fruste in morale e nella filosofia naturale, rischiarantisi a poco a poco grazie all'intuizione particolare dei vari dottori isolati.
    Prima di Pericle c'erano i sette Savi; da questi ebbe inizio la geometria, la metafisica e l'etica; seguirono i parzialisti, che studiavano l'origine delle cose, dal flusso dell'acqua e dell'aria, o dal fuoco allo spirito. Ognuno d'essi mescola a queste cause delle figurazioni mitologiche. Infine ecco Platone: il chiarificatore ed il distributore, che non ha bisogno d'alcuna barbara figura, né del tatuaggio né degli urli; perché sa definire. Egli abbandona all'Asia il superlativo e l'enorme; egli è l'avvento della precisione e dell'intelligenza:Sarà un Dio me colui che sa correttamente dividere e definire».
    Questo definire è la filosofia in sé e per sé. La filosofia altro non è che la spiegazione che lo spirito umano dà a se stesso della costituzione del mondo. Due fatti cardinali si trovano per sempre alla base delle cose: L'uno e il due. Primo: Unità o Identità; secondo: Varietà. Noi uniamo ogni cosa mediante la percezione della legge che la spiega; con la percezione delle superficiali differenze e delle profonde rassomiglianze. Ma ogni atto mentale, partecipe di questa percezione dell'identità o unicità, riconosce la differenza delle cose. Unicità e varietà. E impossibile di parlare o di pensare senza comprendere le due.
    Lo spirito è sospinto a reclamare una sola causa per molti effetti; poi la causa di questa causa e ancora la causa, inabissandosi sempre più nelle profondità del pensiero: ma avendo in sé la certezza di giungere a una causa assoluta e sufficiente, una causa che deve essere il Tutto: « In mezzo al sole è la luce, in mezzo alla luce è la verità, in mezzo alla verità è l'Essere imperituro», dicono i Veda. Ogni filosofia dell'Occidente e dell'Oriente ha il medesimo punto centripeto. Spinto da una opposta necessità lo spirito torna dall'uno a quello che non è l'uno, ma altro o i molti, dalla causa all'effetto: afferma l'esistenza necessaria della verità, l'esistenza m sé della dualità, ciascuno essendo immerso nell'altro. Il problema del pensiero è di separare e di conciliare questi elementi strettamente mescolati. La loro esistenza è mutualmente contraddittoria ed esclusiva; e ciascuno si muta così rapidamente nell'altro che noi non possiamo mai dire ciò che è l'uno e ciò che è l'altro. Proteo è tanto agile nelle più alte regioni quanto nelle più basse, quando noi contempliamo l'uno, il vero, il bene, come alla superficie o nel fondo della materia.

    In ogni popolo esistono spiriti inclini a immobilizzarsi nel concetto dell'unità fondamentale. I rapimenti e estasi o e della preghiera, inabissano tutti gli esseri in un solo essere. Questa tendenza trova l'espressione più alta negli scritti religiosi dell'Oriente e principalmente nei libri dei Veda, nella Bhagavat-Gita e nel Vishnou Purana. Tali scritti non esaltano che questa idea e per esaltarla sanno trovare degli accenti puri e sublimi.
    Unità! Unità! Della stessa natura sono l'amico ed il nemico; d'una medesima natura sono il solco, l'aratro e il contadino; e la natura è tale che le variazioni di forma risultano, a un certo punto, senza importanza. « Tu sei creato - dice ad un saggio il Supremo Krisna - per comprendere che in nulla sei distinto da me. Ciò che io sono tu lo sei; e del pari così è questo mondo, uno con i suoi eroi, con i suoi Iddii, con la sua umanità . Gli uomini si fermano davanti alle distinzioni perché sono essi frutti d'ignoranza. Le parole Io e mio costituiscono l'ignoranza. Voi imparerete da me quello che è il supremo termine del tutto. E' l'anima, una in tutti i corpi, che li penetra, uniforme, perfetta, superiore alla natura, liberata dalla nascita e dalla morte, dal crescere e dal decadere, onnipresente, fatta di vero sapere, indipendente, senz'alcuna connessione con le irrealtà, con il nome, la specie e il resto nel passato, nel presente e nell'avvenire. II fatto di sapere che questo spirito, il quale essenzialmente uno si trova nel proprio corpo e in tutti gli altri, costituisce la saggezza di coloro che conoscono l'unità delle cose. Come un fiato, passando attraverso i fori di un flauto, dà vita a tutta una scala di suoni, così la natura del Grande Spirito è una, benché siano multiple le sue forme e sorgano dalle conseguenze degli atti. Quando è distrutta la differenza della forma che investe di sé tutto, come quella di Dio, viene annullata ogni distinzione». «L'intero universo non è che una manifestazione di Vishnou che è identica a tutte le cose e che deve essere considerata da tutti i saggi non differente da esse, ma ad esse uguale. Non vado e non vengo, non abito in alcun luogo; né tu sei te; né altri è altro; né io sono io». Come se avesse detto: « Tutto è per l'anima, è l'anima è Vishnou, gli animali e le stelle sono delle pitture transitorie e la luce è un mastice, e ingannevoli, sono le durate; una prigione è la forma e lo stesso cielo è una lusinga». Quello che l'anima vuole è di risolversi nell'essere, al di sopra della forma, oltre il Tartaro e oltre il Cielo, liberandosi dalla natura.
    Se la speculazione tende a una terrifica unità, in cui tutte le cose siano come assorbite, l'azione tende direttamente, ma in senso contrario, alla diversità. La prima costituisce la gravitazione dello .spirito, la seconda è la potenza della natura. La natura è multipla. L'unità assorbe, fonde e riduce. La natura apre e crea. Questi due principi riappaiono interpenetrando ogni cosa, ogni pensiero. L'uno, il multiplo. L'uno è Essere, l'altro è intelletto; l'uno è necessità, l'altro è libertà; l'uno riposo, l'altro movimento; l'uno potenza, l'altro distribuzione; l'uno forza, l'altro piacere; l'uno coscienza, l'altro definizione; l'uno genio, l'altro talento; l'uno fervore, l'altro sapienza; l'uno possesso, l'altro commercio; l'uno casta, l'altro cultura; l'uno re, l'altro democrazia; e se porto queste generalizzazioni ad un grado più alto, definendo la ultima tendenza dei due principi, potremo dire che lo scopo dell'uno è di sfuggire all'organizzazione, scienza pura; mentre quello dell'altro è la strumentalità più eccelsa, o uso dei mezzi, ossia divinità esecutiva.
    Ogni studioso aderisce, per abitudine e per temperamento, al primo o al secondo di questi Numi dello spirito. Tende all'unità per mezzo della religione, ma i sensi o l'intelletto lo spingono alla pluralità. Una unificazione troppo rapida e una applicazione troppo eccessiva alle parti e alle particolarità, tali sono i due danni gemelli della speculazione.
    La storia dei popoli corrispose sempre a questa parzialità. Il paese dell'unità, delle immobili istituzioni, la sede di una filosofia impregnata di astrazioni, terra di uomini fedeli (nella dottrina e nella pratica) all'idea d'un sordo, inesplorabile, immenso destino, è l'Asia; ed è l'Asia che realizza questa fede, con l'istituzione della casta. Di riscontro il genio dell'Europa è attivo e creatore, si oppone alla casta mediante la cultura; la sua filosofia è stata una disciplina.
    E' una terra d'arti, d'invenzioni, di commerci, di libertà, 1' Europa. Se l'Oriente ha avuto caro soprattutto 1' infinito, l'Occidente ha prediletto di gran lunga il limite.
    La civiltà europea è il trionfo del talento, l'estensione del sistema, la comprensione cauta, l'abilità nell'adattarsi, l'amore delle manifestazioni e delle forme, dei risultati comprensibili. Pericle, Atene, la Grecia avevano lavorato in questo elemento, con la gioia di un genio non ancora intiepidito da possibili previsioni di detrimento o di eccesso. Essi non avevano dinanzi a sè una sinistra economia politica; nessun Malthus del malaugurio; niente Parigi o Londra; nessuna impietosa divisione di classi, bagni. forzati dei fabbricanti d'aghi, galere dei tessitori, dei fabbricatori di stoffe, dei calzettai, dei cardatori, dei filatori; niente Irlanda; nessuna casta indiana. Il giudizio era nel suo fiore. Splendida di novità e d'originalità, l'arte. Il marmo pentelico era lavorato come se fosse della neve e, le opere che ne scaturivano, in scultura ed in architettura, avevano lo splendore della naturalezza, in niente più difficili da costruire di quello che possa esser la messa in cantiere di una nave a Nedford, o la costruzione di nuove officine a Lowell. Queste ultime cose rientrano nella normalità e possono esser considerate come acquisite. La legione Romana, la legislazione bizantina, il commercio inglese, i saloni di Versailles, i caffè di Parigi, la locomotiva, il piroscafo, l'omnibus a vapore; tutto ciò può esser veduto in prospettiva; come il consiglio comunale, l'urna dello scrutinio, il giornale e la stampa a buon mercato. Platone, nel suo soggiorno in Egitto e nei suoi pellegrinaggi orientali, si abituava all'idea di una sola ed unica Divinità, convincendosene; divinità nella quale tutte le cose sono comprese. L'unità del pensiero asiatico e il dettaglio di quello europeo; il senso dell'infinito dell'anima asiatica e l'Europa che ama la definizione, i risultati; che crea le macchine e si attiene, anzi cerca, le superfici, curando soprattutto le opere. Platone giunse alfine a congiungere questi due mondi accrescendone con il contatto l'energia di ciascuno d'essi. Nel suo spinto si trova quanto di più eccellente ha l'Europa e l'Asia. La metafisica e la filosofia naturale erano il genio dell'Europa; egli dona loro, come sottostrato e come base, la religione Asiatica.
    In breve, era sorta un' anima che aveva la percezione dei due elementi. In questo caso è assai facile apparire tanto grande quanto meno grande, o addirittura piccolo. La ragione per cui non crediamo di primo acchito alle anime bellissime è questa: esse non cadono sotto la nostra esperienza. Nella vita reale, effettiva, sono troppo rare per apparire incredibili; ma subito, non soltanto non esiste presunzione alcuna contro di esse, ma c'è una forte presunzione in favore della loro comparsa. Ma che' siano state udite o no delle parole cadere dai cieli; che abbiano i suoi genitori sognato o no che il fanciullo di sesso maschile era il figlio d'Apollo; che uno sciame d'api si sia 6 no posato sulle sue labbra, la cosa certa fu, che era nato un uomo capace di vedere i due lati delle cose. La sintesi meravigliosa, così famigliare in natura; il verso ed il retto della medaglia di Giove; l'unione delle impossibilità, che appare in ogni oggetto; il suo potere reale ed ideale, apparivano ormai trasferiti interamente nella coscienza di un uomo.
    Apparve l'anima equilibrata. Se predilesse la verità astratta, da essa si salvò con il proporre il più diffuso di tutti i princìpi: il Bene Assoluto, che governa i governanti e giudica i giudici. Se ha emesse delle distinzioni trascendentali, si tonificò, traendo tutti i suoi esempi dalle sorgenti sdegnate dagli oratori e dai troppo eleganti e sdegnosi conversatori; come i giumenti e i cagnolini, le scodelle e i cucchiai da minestra, i cuochi e gli strilloni; scegliendole nei negozi di vasai, di veterinari e di macellai. Non perdonerebbe ad alcuna parzialità, ma è sempre ben risoluto ad illustrare, nella sua tesi, i due poli del suo pensiero. Il suo argomentare ed il suo sentenziare si equilibrano da sé e sono come sferici. Appaiono i due poli e diventano due mani, pronte ad allargare e ad afferrare e ad allargare il bene che loro tocca.
    Ogni grande artista è stato grande soprattutto per virtù di sintesi. La nostra possibilità è alternativa, gli è come una corda a due trefoli. Come la riva del mare - mare veduto dalla riva, riva osservata dal mare - o il contatto di due metalli, il nostro potere è accresciuto o meno alla partenza o al giungere d'un amico. L'esperienza della creazione poetica, che non si acquista standosene tappato nel proprio studio, ma in una giusta transizione dei contrari, che debbono usarsi con la maggiore abilità possibile in modo da presentare un aspetto derivato il più possibile da un giusto temperamento, e il fatto di poter d6minare i due elementi, spiegano la potenza ed il fascino di Platone. L'arte esprime l'unità mediante la differenza. Il pensiero cerca di riconoscere l'unità nell'unità; la poesia la svela nella varietà; cioè sempre mediante un oggetto o un simbolo. Platone ha vicino a sé, a portata di mano, - due vasi: uno d'etere, l'altro di pimento, e invariabilmente usa ora l'uno, ora l'altro dei due. La statistica, la storia civile, le cose aggiunte alle cose, sono in lui simili ad altrettanti inventari. Le cose usate come espressioni ideali o linguistiche sono invece inesauribilmente attraenti. Platone volta incessantemente la medaglia di Giove.
    Un esempio: ciascuno dei filosofi presocratici aveva espressa la sua teoria sul mondo; la teoria degli atomi, del fuoco, del flusso, dello spirito. Teorie meccaniche e chimiche. Platone, maestro e sign6re dei matematici, indagatore di tutte le leggi e cause naturali, sente che, queste in quanto accessorie, non sono affatto delle teorie del mondo, ma dei semplici inventari e delle semplicissime liste.
    In principio del suo studio sulla Natura, enunciò il dogma: Affermiamo la Causa che indusse il Supremo Ordinatore a creare l'Universo. Egli era buono; e colui che è buono non nutre alcuna specie d'invidia. Privo dunque d'invidia, Egli desiderò che tutte le cose fossero simili a Lui in quanto era loro possibile. Saranno nella verità tutti coloro che, edotti dai saggi, ammetteranno questo atto come la causa primitiva dell'origine e della fondazione del mondo!
    «Ogni cosa esiste per il bene e il bene è la causa di tutte le cose belle». Questo dogma dà anima e carne alla sua filosofia.
    La sintesi che forma il carattere dello spirito platonico si fa luce in ogni manifestazione del suo genio. Dove vi è una vasta latitudine spirituale, incontriamo ordinariamente dei vertici che si amalgamano facilmente in un uomo vivo, ma che sono incompatibili con qualunque descrizione. Lo spirito di Platone non può essere osservato in dettaglio come un catalogo cinese, ma dev' essere afferrato da uno spirito originale, nell'esercizio di tutta la sua potenza originale. In lui l'abbandono più completo si unisce alla precisione i un geometra. La sua audace immaginazione gli conferisce una maggiore afferrabilità dei fatti; come gli uccelli di più eccelso volo posseggono una più salda struttura d'ali. La sua cortesia patrizia, l'intrinseca eleganza aguzzata da un'ironia così fine e penetrante che, mentre punge, paralizza, adombra un vigore sano e durevole ed una forte struttura. Dice un adagio antico: Se Giove discendesse sulla terra, parlerebbe la lingua di Platone.
    Unitamente a questo carattere aristocratico, si manifesta un certo fervore che, nella Repubblica e nel Fedone giunge fino alla pietà. Venne accusato di aver finta la malattia, quando Socrate fu processato e morì. Ma gli aneddoti che ci sono pervenuti attestano invece del suo virile intervento in mezzo al popolo, in favore del suo maestro; e l'indignazione, palese in molte delle sue opere, contro il governo popolare, è l'espressione di una indignazione schiettamente personale.
    Egli dimostra una probità, un rispetto spontaneo per la giustizia e l'onore ed un senso d'umanità che lo rende tenero verso le superstizioni del popolo. Inoltre crede che la poesia, la profezia e l'alta intuizione derivino da una saggezza di cui l'uomo non è signore. Gli Dei non filosofeggiano; ma questi miracoli si compiono per intervento di un sovrumano delirio. Galoppando su tali celesti corsieri, egli fende gli spazi delle ignote regioni, e scopre dei mondi, in cui la carne non penetra. Ha vedute le anime che soffrono; ha compreso il giudice che condanna; contempla le metempsicosi delle pene infernali; le Parche con la conocchia e le forbici; ed ascolta il mormorio inebriante del loro fuso.
    Ma il dono della circospezione non abbandona mai Platone. Si direbbe che abbia letto le iscrizioni che stanno scritte sulle tre porte di Busyrane: «Sii audace» e su la seconda porta: « Sii audace, audace e sempre più, sii audace», per poi fare una salutare sosta alla terza porta: « non essere troppo audace».

    La sua forza dà l'impressione della caduta di un pianeta; la sua discrezione è come il ritorno del medesimo pianeta alla sua perfetta e naturale curva, tanto rifulgono sempre l'ellenico amore della misura e la sua perizia nel definire. Non si è tanto sicuri davanti alla tavola dei logaritmi quanto seguendo Platone nel suo volo. Nulla potrebbe essere più calmo del suo cervello quando i lampi della fantasia sfolgorano nei cieli. Il suo pensiero prima di giungere al lettore è ben definito; ed ecco che le sorprese balzano fuori improvvise, come potrebbe farlo un maestro di stile e di letteratura. Egli possiede quell'opulenza che fornisce, in ogni occasione l'arma che occorre! Come il ricco, che non veste un maggior numero d'indumenti del povero, non usa un maggior numero di cavalli e non occupa del suo alloggio che lo stesso numero di camere che occupa il povero, ma possiede il vestito, l'equipaggio, o l'istrumento adatti all'ora e alle necessità, così Platone, nella sua naturale abbondanza, non è mai avaro, ma possiede sempre la parola necessaria alla bisogna.
    A dire il vero egli ha usate tutte le armi che stanno racchiuse nell'arsenale dell'intelligenza: epopea, analisi, delirio, intuizione, musica, satira, ironia, per giungere fino ad usare l'arma della cortesia più fine. I suoi disegni sono poesia e i suoi scherzi sono disegni. L'arte ostetrica, che era la professione di Socrate, null'altro è se non della buona filosofia e quando, nel «Gorgia » definì la retorica con le parole «cucina» e «arte adulatrice » ebbe il potere e lo ha tuttora di chiarire e render saldo il suo pensiero. Effettivamente nessun oratore può gareggiare con colui che sa affibbiare dei nomignoli appropriati. Quanta maestria nell'usar la moderazione, come sa rattenere a tempo il fulmine che ha intenzione di scagliare! Con bonarietà ha fornito al cortigiano e al cittadino tutti gli argomenti che si possono avanzare contro le scuole. « Perché la filosofia è una cosa elegante, se ne vien fatto un uso moderato ma, se il vaso trabocca. diventa corruttrice dell'uomo ». Egli che, per la stupenda facoltà di centralizzare, di cui era dotato, e la larghezza delle vedute, possedeva una fede che non si oscurava, poteva permettersi la generosità. La sua parola è come la sua percezione; scherza con il dubbio traendo dal gioco il miglior partito possibile, corruga il volto ed equivoca, ma di tanto in tanto ecco una frase che solleva la terra e il mare. Scopre questo lato austero non solo attraverso gli intervalli del dialogo e i sì o i no, ma mediante folgorazioni di luce: « Io dunque, o Callicle, sono persuaso da queste ragioni e sto pensando come potrei produrre in giudizio l'anima mia in condizione favorevole. Ecco perché, sdegnando gli onori di cui fa caso la maggioranza degli uomini e badando alla verità, mi sforzerò inver6 di vivere quanto più mi sarà possibile virtuosamente; e quando morrò, vedrò di morire in eguali condizioni d'anima. E, con tutte le mie forze invito voi e tutti gli altri uomini a questa discussione che, affermo, supera ogni discussione finora avvenuta ».
    E' un grand'uomo chi unisce alla migliore capacità speculativa una tale proporzione e un tale equilibrio nelle sue facoltà, che gli uomini vedono in lui riflessi i proprii sogni e le proprie intuizioni utilizzabili ed accettabili per quello che sono. Dà garanzia un grande senso comune che lo caratterizza come il rappresentante del mondo. Possiede la ragione come ogni classe di filosofi e di poeti; ma è dotato inoltre di quello che manca a loro, una potente capacità di risolvere, che concilia la sua poesia con le apparenze del mondo e getta un ponte dalle strade cittadine, all'Atlantide. Non dimentica mai di graduare l'idea, ma per quanto sia pittoresco, almeno da un lato, il precipizio, conferisce al suo pensiero un declivio che lo rende accessibile alle strade della pianura.

    Mai, quando scrive, soggiace all'estasi e non ci innalza in poetici rapimenti. Platone domina i fatti centrali. Poteva prosternarsi a terra e coprirsi, gli occhi mentre adorava Quello che è innumerevole, ignoto, innominabile, incommensurabile, Quello che contiene l'affermazione e la negazione delle cose, Quello che è «identità e non identità». Egli lo definiva il, Sopraessenziale. Nel «Parmenide», era pronto a dimostrare che tale Esso era infatti; che questo Essere eccedeva i limiti del comprensibile! Nessun uomo ha più totalmente riconosciuto l'Ineffabile.
    Dopo aver reso omaggio, quasi a nome della razza umana, all'Illimitabile, si raddrizzò in piedi e, a nome dell'umano genere affermò: Pur tuttavia le cose sono conoscibili; «Il che vuole significare che quell'Asia che gli stava in fondo all' anima fu in un primo tempo onorata, oceano d'amore e di potenza prima della forma, della volontà, della scienza, come l'Identità, il Bene, 1' Unico»; poscia fortificato e rinfrancato da questa adorazione cede all'istinto tutto europeo della cultura e grida: Pur tuttavia le cose sono conoscibili! Sono conoscibili perché nate da una sola: le cose corrispondono. Esiste una scala; e la corrispondenza tra terra e cielo, tra materia e spirito, tra la parte e il tutto è la nostra guida. Come esiste una scienza delle stelle chiamata astronomia; una scienza delle quantità chiamata matematica; una scienza delle qualità chiamata chimica; così esiste una scienza delle scienze - la chiamo dialettica - che è l'intelletto, che discerne vero dal falso. Essa si basa sull'osservazione dell'identità e della diversità; perché giudicare, vuol dire unire a un oggetto la nozione che gli compete. Anche le migliori tra le scienze - la matematica, l'astronomia - sono simili a cacciatori, che afferrano ogni preda che si offre loro, anche senz'esser capaci di farne uso alcuno. La dialettica ce ne insegna l'uso. « La dialettica occupa un tale grado, che nessun intelligente intraprenderà alcun studio per sé, ma unicamente nello scopo di progredire in quell'unica scienza che tutte le abbraccia».
    L'essenza, o il carattere particolare di un uomo, 'è di comprendere un'unità; o almeno quello che nella varietà delle sensazioni, può esser compresa come un'unità razionale. L'anima che non ha raggiunta la verità non può penetrare nell'umana forma: «Annunzio all'uomo l'intelligenza. Annunzio la felicità di esser interpenetrati dallo Spirito che ha creato la natura. Buona è la natura, ma migliore è l'intelletto: come il legislatore è più in alto di colui che obbedisce alla legge. Mi compiaccio con voi, figli degli uomini, perché la verità è fondamentalmente sana; perché noi abbiamo la speranza di scoprire quello che può bene essere il fondo stesso delle cose. La miseria dell'uomo è quella di essere allontanato dalla comprensione dell'essenziale e imbottito di congetture. Ma il bene supremo è la realtà; la suprema bellezza è la realtà, e ogni virtù e ogni felicità dipendono da questa scienza del reale: perché il coraggio altro non è che scienza e la maggior fortuna che possa toccare ad un uomo è di esser guidato dal proprio demone verso quello che è suo veramente. Questa è l'essenza della giustizia; che ognuno segua la sua via». La nozione della virtù sarebbe maggiormente raggiungibile mediante la diretta contemplazione dell'Essenza divina. Coraggio dunque! Perché «la persuasione che è necessario che n6i cerchiamo quello che non conosciamo, ci renderà migliori senz'alcun possibile paragone; più valenti e più diligenti di quello che saremmo se giudicassimo impossibile lo scoprire quello che ci è ignoto o pensassimo che è inutile cercare ». Egli assume una posizione dominante mediante la sua passione per la realtà, stimando la filosofia soltanto in quanto dona il piacere di conversare con l'Essere reale.

    Così, pieno del genio europeo grida: Cultura. Riconobbe, con una luce di genio non raggiunta dai posteri, la speranza che può dare l'educazione. E questo dopo aver vedute le istituzioni di Sparta.
    Si deliziò d'ogni talento, d'ogni opera graziosa, utile e sincera; soprattutto degli splendori del genio e delle meraviglie dell'intelletto. «Socrate - dice Glaucone - i saggi stimano essenza della vita l'ascoltare discorsi come questi». Quale valore attribuì alle promesse del talento, alle capacità di Pericle, d'Isocrate, di Parmenide! Quale valore, superiore a tutti, attribuì ai talenti in se stessi!
    Definiva divina, Nume, nella sua magnifica personificazione, ogni facoltà del talento. Quale valore attribuisce, nell'educazione, all'arte della ginnastica; e alla geometria, nonché alla musica e all'astronomia, della quale esalta la potenza terapeutica e placatrice!
    Nel Timeo, mostra quale sia il più alto impiego che si possa fare della vista: «Io dico, che per la detta ragione Iddio ci ha trovati gli occhi e ci ha donata la vista, acciocché noi contemplando in cielo i giri dell'intelligenza, per la circolazione della nostra mente ce ne giovassimo, le quali sono simili a quelli: se non ché, quelle sono serene, queste turbate, e, appreso la drittura e le ragioni de' loro moti, imitando i non errabili giri del Dio, i nostri proprii, i quali sono erranti, ricomponessimo».
    E nella Repubblica: «Un certo organo dell'anima è, da ciascuna di queste discipline, purificato e insieme rianimato, in quanto è reso cieco e velato dagli studi d'un'altra specie; organo più degno d'essere salvato che diecimila occhi, poiché lui solo percepisce la verità ».
    Egli dice: Cultura. Ma dapprima egli le donò come base la natura, attribuendo in modo incontestabile il primo piano ai suoi vantaggi. I suoi gusti aristocratici si fissarono sulle distinzioni derivate dal casato. L'origine della casta risiede nella saggezza del carattere e nelle disposizioni organiche: ~ La divinità ha collocato l'oro in quelli che erano adatti a governare; l'argento in coloro che destinò alle armi; il ferro e il rame in quelli destinati ad essere degli artigiani e dei lavoratori ». In questa fede ravvisi, riaffermato progressivamente, l'Oriente. Il Corano è esplicito nella questione delle caste: «Gli uomini sono fatti d'uno speciale metallo e sono, per così dire, d'oro e d'argento. Quelli di voi che, essendo nello stato d'ignoranza, sono stati ritenuti degni, lo saranno ugualmente allorché seguirete la fede». Platone non è stato meno fermo. «Dei cinque ordini delle cose quattro soli possono essere insegnati all'umanità in generale ~. Nella Repubblica insiste sul temperamento dei giovani come se si trattasse della questione principale. Un maggiore segno del calcolo ch'egli faceva della natura si ha nel dialogo con il giovane Theage, venuto per ricevere lezioni da Socrate: Socrate afferma che se qualcuno è diventato saggio vivendo con lui, nessun ringraziamento gli è per questo dovuto; perché essi sono diventati saggi stando con lui, non per causa sua; poiché egli, anzi, afferma di non sapere come ciò sia accaduto: «A molti accade invece il contrario, e coloro ai quali il demone s'oppone, non possono trarre beneficio alcuno dalla mia compagnia; in modo che mi risulti impossibile vivere con loro. Eppure con molti mi permette di conversare, i quali nullo beneficio traggono dall'esser meco. Tale è, o Theage la mia compagnia; perché, a Dio piacendo, voi farete grandi progressi e rapidi per di più; spiacente a Lui non ne farete alcuno. Giudicate dunque se non sia preferibile essere educati da quelli che hanno qualche diretto potere sui benefizi che possono arrecare agli uomini, che rivolgersi a me, beneficatore o no, senza ch'io nulla possa fare per esserlo».
    Il ché è come se avesse detto: «Io non ho sistemi. Non posso rispondere di voi. Voi sarete quello che è necessario siate. Se tra di noi esiste corrispondenza d'intelletto la nostra unione sarà inconcepibilmente profittevole; altrimenti voi perderete il vostro tempo e non giungerete ad altro risultato che ad annoiarmi. Vi sembrerò stupido e falsa vi parrà la mia reputazione. Risiede assolutamente al di sopra di noi, al di là della vostra volontà e della mia, quel segreto principio d'affinità o di ripulsa. Tutto quello che di meglio posseggo è un fluido magnetico, ed io educo non già a mezzo di lezioni, ma occupandomi delle mie faccende».
    Egli dice: Cultura; dice: Natura, e non manca di soggiungere: « Havvi pure il divino». In tutti gli spiriti esistono dei pensieri che tendono a convertirsi subito in potenza, organizzando un'enorme quantità di mezzi. Platone, amante del limite, ama l'illimitato, vede l'apertura e la nobiltà che da lui s'irradiano e tenta, come se agisse a nome dell'umana intelligenza, di render loro un adeguato omaggio; omaggio degno d'essere ricevuto dall'immensa intelligenza e, pertanto, omaggio che conviene all'intelligenza di ricambiare. Egli afferma in seguito: «Le nostre facoltà si proiettano nell'infinito e di là ci ritornano. Le nostre definizioni si arrestano a qualche passo da noi; ma ecco un fatto che non possiamo dimenticare; e chiudere gli occhi su questo fatto significa suicidarsi: Tutte le cose formano una scala;. e, da qualunque gradino voi saliate, esse s'elevano sempre con un moto ascensionale continuo. Tutte le cose sono simboliche e quelli che noi chiamiamo risultati altro non sono che dei principi».


    La chiave. di volta del metodo di Platone e' della sua plenitudine, è la sua linea due volte scissa. Dopo aver illustrata la relazione che esiste tra il bene ed il vero assoluto e le forme del mondo intelligibile, dice: « Sia come una linea divisa in due parti disuguali. Dividete nuovamente queste due parti - una rappresenta il mondo visibile, l'altra il mondo intelligibile - e queste due nuove sezioni, che rappresentano la parte brillante e la parte oscura di questi mondi, voi avrete, per una delle sezioni del mondo visibile, delle immagini, cioè di volta in volta delle ombre e dei riflessi; per l'altra sezione, vi troverete di fronte agli oggetti di queste immagini, cioè piante, animali, e le opere dell'arte e della natura. Dividete allora il mondo intelligibile nello stesso modo, una delle sezioni sarà quella delle opinioni e delle ipotesi e l'altra quella delle verità». A queste quattro sezioni corrispondono le quattro operazioni che compie l'anima: la congettura, la fede, la comprensione, la ragione. Come ogni pozza d'acqua riflette un raggio del sole, così ogni pensiero, oppure ogni cosa, riflette in noi un 'immagine o una creazione dei Supremo Bene. L'Universo è attraversato, a mezzo della propria attività, da innumerevoli canali.
    Ogni cosa ascende ininterrottamente.
    Il suo pensiero è interamente volto a quest'ascensione: nel « Fedro » quando afferma che la bellezza è la più desiderabile delle cose, che eccita l'allegria e versa a piene mani il piacere e la fiducia nell'Universo, ovunque essa giunge e penetra. Ed essa penetra, in qualche maniera, in ogni cosa. Ma esiste un'altra cosa che supera in bellezza, la bellezza - così come quest'ultima trionfa del caos - ed è la saggezza, che l'occhio nostro non può afferrare, ma che se lopotesse, verrebbe folgorata dalla sua perfetta realtà. Platone le tributa la stessa ammirazione che ha per la sorgente della perfezione nell'opera d'arte: « Quando un artefice, nella creazione d'una qualunque opera, considera ciò che esiste secondo identità ed impiegando un modello della stessa specie ne esprime l'idea e la potenza nell'opera sua, noi diciamo che l'opera è bella. Ma se contempla invece quello che nasce e quello che. Muore, l'opera sua sarà ben lungi d'essere bella... ».
    E così è dovunque: Il Convito è un monito - famigliare ormai a tutta la poesia e a tutto il mormorio del mondo - a considerare come iniziale l'amore dei sessi. che da lungi simbolizza la passione dell'anima per quell'immenso lago di bellezza, la cui ricerca costituisce la sua ragione d'essere. Questa fede nella Divinità non è mai lontana dall'anima platonica e costituisce la base di tutti i suoi dogmi. Il corpo non è in grado di insegnarci la saggezza; Dio solo lo può. Nello stesso senso afferma che non si può insegnare la virtù; che essa non è una scienza, ma un'ispirazione; che i maggiori beni ci son dati dal sogno come il dono d'un Dio.
    Sono giunto a questo punto, a quella figura centrale ch'egli colloca nel centro della sua Accademia, come l'organo dal quale viene enunciata qualsiasi opinione degna di essere considerata, e della quale ha elaborata la biografia in tal guisa che i fatti storici si smarriscono nella luce promanata dallo spirito di Platone.




    Socrate e Platone sono la duplice stella che i più potenti strumenti non riusciranno mai a separare completamente. Socrate è, inoltre, nella sua figurazione e nel suo genio, il migliore esempio di quella sintesi che costituisce la straordinaria potenza di Platone. Socrate, d'umili natali è un onest'uomo la cui storia è fra le più comuni; la sua semplicità personale è abbastanza notevole per eccitare il cicaleccio altrui mentre 1 cordiale bonomia e il gusto squisito per lo scherzo, invitavano all'ironie, prontamente ricambiate e ribattute.
    Gli attori ne riproducevano gesti e sembianze sulla scena mentre il suo brutto viso veniva copiato dai vasai pei loro vasi. Era un essere dotato di sangue freddo eccezionale, che univa al nativo « Humor» una perfetta conoscenza dell'uomo che lo fronteggiava, qualunque fosse stato l'interlocutore; lo che esponeva quest'ultimo ad una sicura sconfitta in qualunque discussione; e, del discutere egli immoderatamente godeva.
    I giovani ne sono pazzi e lo invitano continuamente ai loro festini, ai quali partecipa per il piacere di discorrere. Sa pure bere; possiede la più forte resistenza di Atene e, dopo aver lasciati sotto la tavola i commensali, se ne va, come niente fosse, ad intrecciare dei nuovi dialoghi con qualcuno che sia digiuno. In breve, era uno di quelli che i giovanotti del nostro paese definiscono un ~ vecchio gaudente ~. Affettava numerosi gusti di cittadino, era esageratamente attaccato alla sua città, odiava gli alberi, non si recava mai fuori mura, era amico di tutti i tipi più caratteristici, apprezzava, per quel che valevano, gli uomini di parte, e stimava che tutto quello che si trovava in Atene o derivava da Atene, valeva sempre un poco più di quello che si trovava altrove. Nel modo di fare e nei discorsi era semplice come un Quacchero; si piccava di parlare trivialmente compiacendosi delle immagini e dei paragoni derivati dal gallo, dalle zuppiere e dai cucchiai di sicomoro, dai palafrenieri e dai maniscalchi e da innumerevoli piccoli mestieri; soprattutto se conversava con qualcuno dai gusti raffinati. Possedeva una saggezza alla Franklin. Così, ad un tale che si spaventava di andare a piedi fino ad Olimpia, dimostrò che non aveva dà fare maggior cammino di quello che da tant'anni aveva compiuto recandosi dall'agora a casa.

    Semplice vecchietto dalle larghe orecchie, conversatore instancabile, diede origine a qualche pettegolezzo e pare, a qualche leggenda. Corse infatti la voce che, durante la guerra di Beozia, avesse mostrato un coraggio e una decisione che avevano giovato non poco alla ritirata di un importante corpo di truppe.
    E si narrava pure che un giorno, occupando un posto al governo della città, fingendo un accesso di follia si era opposto al volere popolare, dando prova un'altra volta d'un coraggio che, per poco, non gli era costata la vita. Era poverissimo ma robusto come un soldato, viveva di una manciata di olive e, spesso, di pane ed acqua nel senso più completo della parola, salvo quando era invitato da qualche amico. Le sue spese ordinarie erano eccessivamente modeste e nessun altro avrebbe potuto vivere come lui viveva. Era sommariamente vestito e non portava alcun indumento sotto gli abiti, ch'eran di uguale spessore tanto d'estate come d'inverno. Camminava a piedi nudi e si raccontava che, onde procurarsi il godimento, per lui grandissimo, di discorrere a suo piacimento con i giovani più eleganti e più colti di Atene, di tanto in tanto ritornasse alla sua bottega di scultore e scolpisse, più o meno bene, delle statue che poi vendeva. Comunque è certo che egli non si compiaceva che di queste conversazioni, in cui, sotto l'ipocrita pretesa di non saper niente, attacca e mette nel sacco tutti i migliori parlatori, tutti i maggiori filosofi di Atene, originari o stranieri, dell'Asia Minore o delle isole. Chi avrebbe rifiutato di conversare con lui? Egli è così onesto e così realmente curioso di imparare! Era un uomo che si lasciava contraddire se non aveva detta la verità, ma che contraddiceva gli altri, quando affermavano il falso; poiché egli stimava che non avrebbe potuto capitare agli uomini una peggior sventura che di avere una falsa opinione sul giusto o sull'ingiusto. Egli era un uomo che nulla sapeva, ma la cui intelligenza conquistatrice era illimitata; il cui temperamento era imperturbabile; la cui terribile logica si divertiva a suo agio; abbastanza noncurante ed ignorante per disarmare i più circospetti, alterandola, con il più grazioso dei modi, in un dedalo di dubbi, gettandoli nella confusione più completa. Dalla quale lui solo conosceva infallibilmente il modo di uscirne, ma apposta, si guardava bene dal rivelarlo altrui. Impossibile sfuggirgli; stringe l'interlocutore con il gioco serrato dei suoi dilemmi e fa girare a vuoto gli Ippia e i Gorgia, con tutta la loro fama, come un bambino i suoi birilli. Quale tirannico realista! Menone ha parlato mille volte della virtù con mille interlocutori, a quel che pare, benissimo; ma in quel momento non riesce a dire precisamente che cosa sia, tanto quella torpedine di Socrate l'ha imbambolato.
    Questo umorista testardo, che divertiva i giovani patrizi con i suoi scherzi, la sua bonomia e le sue bizzarrie, mentre s'allarga e si approfondisce la fama delle sue arguzie e delle sue parole, viene a trovarsi, con il passar del tempo, in possesso d'una probità invincibile tanto quanto la sua logica, ma con la fama di un insensato, o per lo meno, di un entusiasta della sua religione. Allorché viene citato in giudizio come colpevole di professare delle opinioni sovvertitrici della coscienza popolare, egli afferma l'immortalità dell'anima, e la ricompensa e la punizione dopo la morte: e, rifiutandosi di ritrattarsi, viene, dal governo del popolo, condannato a morire ed inviato in carcere. Socrate vi entrò e, di colpo, quel luogo perdette il suo carattere ignobile fino a quando egli vi stette. Critone corruppe il carceriere, ma Socrate non volle uscir di carcere per tradimento: « Qualunque inconveniente possa accadere in seguito, nulla deve essere preferito alla giustizia. Queste cose risuonano in me come dei pifferi o dei tamburi, il cui fragore m'impedisce di ascoltare quello che voi mi dite». La storia di questa prigionia, i dialoghi che vi furon tenuti, mentre essa durò, e la scodella di cicuta, sono tra gli eventi immortali nella storia del mondo.
    La rara coincidenza di veder riuniti in una sola persona, il buffone ed il martire, il sottile cicalone della strada e del mercato ed il santo più rassegnato e dolce che fino allora si conoscesse, aveva fortemente colpito lo spirito di Platone, che a questi contrasti aveva lo spirito pronto; e la figura di Socrate, per una specie di necessità, risaltò in primo piano, come quella del migliore dispensatore di tesori intellettuali con il quale fosse possibile parlare. Fu davvero una grande fortuna che questo Esopo popolare e questo sapiente togato s'incontrassero, onde immortalarsi uno nell'altro, attraverso le mutue facoltà. La strana sintesi ch'era nel carattere di Socrate coronò la sintesi nello spirito di Platone. Inoltre, con tale mezzo, poté, direttamente e senz'ombra d'invidia, approfittare dello spirito e dell'importanza di Socrate, al quale senza dubbio molto doveva e di cui si avvantaggiò la perfezione artistica di Platone.
    Resta a dire sul difetto di Platone in quanto a « potenza»; ma quest'ultima non è che il risultato della « qualità». Egli è fine, intellettuale e, di conseguenza, nell'espressione - letterato. S'innalzi ai cieli, sprofondi negli abissi, esponga le leggi dello Stato, la passione del cuore, i rimorsi del delitto, la speranza dell'anima che si allontana, è letterato e mai altra cosa. Gli è quasi la sola cosa che occorra sottrarre ai meriti intrinseci di Platone, che i suoi scritti (ciò che si riferisce, senza dubbio, al predominare in essi, dell'intellettualismo) non abbiano la fondamentale vitalità e di conseguenza l'autorità che promanano dai possenti gridi dei profeti e dai sermoni degli Arabi ~ -degli Ebrei illetterati. Esiste una frattura e, per la coesione, è necessario il contatto.
    Non so fino a qual punto si possa rispondere a tale critica, se non che noi siamo pervenuti ad un fatto che è nella natura delle cose. Una quercia non è un aranceto. Le qualità dello zucchero restano allo zucchero, quelle del sale al sale. In secondo luogo non esistono sistemi. Sbagliano i suoi più affezionati difensori e discepoli. Egli ha tentato una teoria dell'universo e la sua teoria non è in sé né evidente, né completa. Uno pensa che voglia dire una cosa, un altro un'altra; in un luogo ha detto una cosa che disdice in un altro luogo. Lo accusano di aver dimenticato di operare la traslazione dalle idee alla materia. Ecco il mondo, sano come una nocciola, perfetto, senza che vi resti attaccato il minimo frammento del caos, né costure, né punti, nessuna traccia di premura, di rattoppo o d'impedimento; ma la teoria del mondo è una cosa fatta di brani e di frammenti.
    L'onda più lunga si smarrisce presto nel mare. Platone vorrebbe bene avere per sé un Platonismo, un'espressione nota e precisa per il mondo e che dovrebbe effettivamente essere esatta. Allora si scorgerebbe il mondo attraverso lo spirito di Platone, nientemeno. Ogni atomo assumerebbe il colore platonico; ogni atomo, ogni qualità o relazione a voi note già prima, sarebbe incontrata da voi, ordinata, diventata arte e non più natura. E voi sapreste, è vero, che Alessandro ha invaso con degli uomini e dei cavalli, qualche paese della terra, ma che paesi e cose, di cui sono fatti i paesi, gli elementi e la terra stessa, tutto questo infine sarebbe passato attraverso quest'uomo come il pane nel suo corpo - che non è più pane, ma corpo -; così questo frammento di mammouth sarebbe diventato Platone. Egli può vantare dei diritti d'autore su tutto il mondo. Questa è l'ambizione dell'individualismo. Ma il boccone è troppo grosso. Il Boa constrictor avrebbe una pazza voglia di divorarselo, ma deve dichiararsi vinto. Manda giù il boccone di traverso e cade soffocato. Il mondo morsicato afferra la vittima con i proprii denti. Questa morirà e la natura, indomabile, continuerà a vivere. Così accade a tutti; così deve accadere a Platone. Di fronte all'Eterna Natura, Platone non è che una esercitazione filosofica. Sostiene il pro e il contro. Il Tedesco più sottile, l'allievo più fervido non saprebbero mai dire quello che è stato il Platonismo; in verità, si possono citare nei due casi dei testi ammirevoli di ogni questione che ha trattata.
    Siamo costretti a dire queste cose, allorché consideriamo lo sforzo di Platone o di qualunque altro filosofo che abbia voluto disporre della natura, che non è disposta invece a lasciarsi dominare. Nessuna potenza dell'umano genio è riuscita minimamente a spiegare l'esistenza. L'enigma permane. Ma è ingiusto credere che Platone abbia avuta quest' ambizione. Non crediamo di poter trattare con impertinenza il suo nome venerando. Gli uomini, in proporzione della loro intelligenza, hanno ammesse le sue rivendicazioni trascendentali. Il mezzo di rendersene padroni è di paragonarli non alla natura, ma agli altri uomini. Quanti secoli sono passati! Ed Egli rimane irraggiungibile. Una struttura dominante d'umano spirito, come il Karnac o le cattedrali gotiche, o le ruine etrusche. È necessario possedere interamente la facoltà dello spirito umano nella sua ampiezza per conoscerla. Credo che la vediamo con maggiore verità quanto più la rispettiamo.
    Il senso di Platone si approfondisce, i suoi meriti si moltiplicano con lo studio. Quando noi diciamo: Ecco una bella collezione di favole, o quando elogiamo lo stile o il buon senso o l'aritmetica, ci esprimiamo come tanti fanciulli e, in buona parte, suppongo che la nostra impazienza critica della dialettica, non valga molto di più. La critica è come la nostra frenesia, di divorare i chilometri quando abbiamo fretta; ma è certo ancor meglio che un chilometro misuri realmente i suoi mille metri. Il vasto mondo ideale di Platone ha proporzionate le luci e le ombre secondo il genio della nostra esistenza.

  3. #13
    i/e regjistruar
    Anëtarësuar
    19-06-2004
    Postime
    6,029
    Ralph Waldo Emerson





    Credere nel proprio pensiero, credere che ciò che è vero per voi, personalmente per voi, sia anche vero per tutti gli uomini, ecco, è questo il genio. Date voce alla convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato universale; giacché ciò che è interno diventerà esterno, a tempo debito, e il primo nostro pensiero ci sarà restituito dalle trombe del Giudizio Finale.
    Fiducia in se stessi




    La fede dovrebbe unirsi con la luce dell'alba e del tramonto, con la nuvola che vola sulle ali del vento, con l'uccello che canta, e il profumo dei fiori.
    Discorso alla Facoltà di Teologia



    Ognuno dovrebbe imparare a scoprire e a tener d'occhio quel barlume di luce che gli guizza dentro la mente più che lo scintillio del firmamento dei bardi e dei sapienti. E invece ognuno dismette, senza dargli importanza, il suo pensiero, proprio perché è il suo. E intanto, in ogni opera di genio riconosciamo i nostri propri pensieri rigettati; ritornano a noi ammantati di una maestà che altri hanno saputo dar loro.
    Fiducia in se stessi



    È facile, nel mondo, vivere secondo l'opinione del mondo; è facile, in solitudine, vivere secondo noi stessi; ma l'uomo grande è colui che in mezzo alla folla conserva con perfetta serenità l'indipendenza della solitudine.
    Fiducia in se stessi



    (...) Perciò, meno governo avremo, e meglio sarà per tutti; minore è il numero delle leggi, e minore il potere delegato agli altri. L'antidoto a quest'abuso di governo formale è dato dall'influsso che può essere esercitato dal carattere personale, dalla crescita, in noi, dell'Individuo; dal far ricomparire il vero protagonista al posto del sostituto; dalla presenza, infine, dell'uomo saggio, del quale ogni governo in carica - e ciò va fermamente ribadito - è solo una misera imitazione. Ciò che tutte le cose tendono a portare in luce, ciò che la libertà, la cultura, i rapporti sociali, le rivoluzioni mirano a formare e a delineare, è il carattere: è questo il fine della Natura: di arrivare a incoronare infine questo suo re. Lo Stato esiste per formar l'uomo saggio: e con l'entrata in scena dell'uomo saggio, lo Stato cessa di esistere. Il carattere rende lo Stato non più necessario. Il saggio è egli stesso lo Stato.
    Politica



    Un talento volgare si delizia nel meravigliare e nell'accecare lo spettatore. Mentre il vero genio si studia di difenderci dalla sua influenza. Il vero genio non vuole impoverire, ma liberare; non togliere, ma aggiungere nuove possibilità spirituali. Se un saggio apparisse d'improvviso nel nostro villaggio, creerebbe, in chi lo avvicina, una nuova coscienza di ricchezza, svelando agli spiriti inosservati ed impreveduti vantaggi; stabilirebbe un ordine d'immutabile uguaglianza morale, ci calmerebbe con l'assicurarci che non possiamo essere ingannati; perché ciascuno di noi scorgerebbe chiarissimi i freni e le garanzie che offre la singola condizione. I ricchi vedrebbero dove sono veramente poveri e disprezzabili, i poveri scoprirebbero le vie di salvezza e le nascoste risorse della loro condizione.
    Gli uomini rappresentativi - A che cosa servono i grandi uomini



    Per il tuo non-conformismo il mondo ti colpirà e non ti avrà in nessuna considerazione. E perciò un uomo ha da sapere che conto deve fare di una faccia acida. Per la strada o nel salotto di un amico la gente lo guarda di sbieco. Se una tale ostilità avesse la sua origine in quello stesso disdegno e in quella ostinatezza che egli prova, potrebbe benissimo tornarsene a casa con malinconica dignità; ma le facce acide o benevole della moltitudine non hanno mai causa profonda, sono indossate o dismesse come soffia il vento o come ordina un giornale.
    Fiducia in se stessi



    Gesù Cristo appartenne alla vera razza dei profeti. Egli ha visto con gli occhi aperti il mistero dell'anima. Attirato dalla sua severa armonia, rapito dalla sua bellezza, visse in essa, in essa fu. Egli solo in tutta la storia ha stimato la nobiltà dell'uomo.
    Discorso alla Facoltà di Teologia



    Insisti su te stesso; mai imitare. Tu puoi presentare in ogni momento il tuo talento con la forza accumulata coltivandoti per tutta la vita; ma il talento che hai adottato da un altro lo possiedi solo in maniera estemporanea. Ciò che ognuno può fare nel modo migliore, nessuno se non il suo Fattore può insegnarglielo.
    Fiducia in se stessi



    Una più segreta, dolce e irresistibile bellezza appare all'uomo quando il suo cuore e la mente si aprono al sentimento della virtù. Allora subito viene messo a conoscenza di ciò che sta sopra di lui. Impara che il suo essere è senza limiti; impara di essere nato per il bene e per la perfezione, pur giacendo ora in basso nel male e nella debolezza.
    Discorso alla Facoltà di Teologia



    Non m'aspetto che diventi buon lettore di storia chi pensasse che ciò che fu compiuto in un'epoca remota da uomini i cui nomi sono poi risuonati famosi abbia un più profondo significato di quello che egli stesso sta operando quest'oggi, in questo momento.
    Storia



    Una stupida coerenza è l'ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha, semplicemente, nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro. Dite quello che pensate ora con parole dure, e dite domani quello che il domani penserà con parole altrettanto dure, per quanto ciò possa essere in contraddizione con qualunque cosa abbiate detto oggi.
    Fiducia in se stessi



    L'amante della natura è colui i cui sensi interni ed esterni sono ancora in pieno accordo tra di loro; chi ha saputo conservare lo spirito dell'infanzia perfino nell'età adulta. Il suo rapporto con il cielo e con la terra diventa parte del suo cibo quotidiano.
    Natura (1836)



    È stato detto che «le anime comuni pagano con quel che fanno, e le anime più nobili con quel che sono». E perché? Perché una natura profonda ridesta in noi, con le azioni e le parole, e anzi solo con le sue maniere e le sue apparenze, lo stesso potere e la stessa bellezza che vengono in noi suscitate da un'intera galleria di statue e di quadri.
    Storia



    Se uno vive con Dio, la sua voce si farà dolce come il mormorio del ruscello e il brusio del grano.
    Fiducia in se stessi



    Ogni uomo non è tanto uno che operi nel mondo, ma è piuttosto un suggerimento di ciò che vorrebbe essere. Gli uomini camminano come profezie di un'età a venire.
    Cerchi



    E' un grande uomo chi unisce alla migliore capacità speculativa una tale proporzione e un tale equilibrio nelle sue facoltà, che gli uomini vedono in lui riflessi i propri sogni e le proprie intuizioni utilizzabili ed accettabili per quello che sono. Dà garanzia un grande senso comune che lo caratterizza come il rappresentante del mondo.
    Gli uomini rappresentativi - Platone, o il filosofo



    Colui che pensa di più, dirà il minimo di quell'ineffabile essenza che chiamiamo Spirito. Possiamo intravvedere Dio nei fenomeni grezzi e in qualche modo distanti della materia; ma quando tentiamo di descriverlo e di definirlo, sia il linguaggio che il pensiero ci abbandonano, e restiamo impotenti, come stolti e selvaggi. Quell'essenza rifiuta di essere tradotta in proposizioni.
    Natura (1836)



    Trattando dello Stato, dovremmo sempre tener presente che le sue Istituzioni non sono originarie, benché esistessero già prima, certo, che noi nascessimo; che esse non sono superiori ai cittadini; che ogni legge e costume fu l'espediente escogitato da qualcuno per affrontare un qualche particolare caso; che esse sono tutte imitabili, tutte alterabili, e che siamo noi che possiamo farle più o meno buone; e renderle migliori.
    Politica



    Per quanto buono sia il discorrere, il silenzio è migliore, e lo mortifica. La lunghezza del discorso è un'indicazione della distanza di pensiero che vi è tra chi parla e chi ascolta. Se essi s'intendessero perfettamente in tutto, le parole non sarebbero anzi affatto necessarie. Se fossero una unità in tutto, le parole non sarebbero neppure tollerate.
    Cerchi



    Da dentro o da dietro una luce brilla attraverso noi sulle cose e ci rende consapevoli che non siamo niente, che la luce è invece tutto.
    Fiducia in se stessi



    Dì la verità, e tutte le cose animate o inanimate ti saranno garanti, e le stesse radici dell'erba sotto la terra sembreranno agitarsi e muoversi per testimoniare a tuo vantaggio.
    Discorso alla Facoltà di Teologia



    In luoghi non ufficiali, tra sordidi oggetti, un atto di virtù o di eroismo sembra improvvisamente attirare a sé il cielo come suo tempio, il sole come sua candela. La Natura tende le sue mani ad abbracciare l'uomo, solo che i pensieri di questi siano di pari grandezza. Volentieri essa segue i suoi passi con la rosa e con la viola, e piega il suo profilo splendido e grazioso ad ornare il figlio amato. Se solo i pensieri di questi sono di eguale portata, la cornice si adatterà al quadro.
    Natura (1836)



    Il vero predicatore può essere sempre riconosciuto dal fatto che manifesta la sua vita alla gente, la vita passata attraverso il fuoco del pensiero.
    Discorso alla Facoltà di Teologia



    La natura sembra esistere soltanto per coloro che eccellono. Il mondo è sostenuto dalla personalità degli uomini migliori; essi rendono la terra sana. Coloro che vissero con essi hanno trovata la vita gioconda e piena. Perché la vita è soltanto dolce e tollerabile quando noi abbiamo fede in tali esistenze; e, effettivamente, o idealmente, noi ci studiamo di vivere con degli esseri superiori. Non sono forse denominati con i nomi loro i nostri figli e i luoghi che abitiamo? Il loro nome è trasformato nei simboli della lingua, l'opere, le immagini loro ornano i muri delle nostre case, ogni circostanza della giornata è utile per ricordarci un aneddoto che li concerne.
    Gli uomini rappresentativi - A che cosa servono i grandi uomini



    La vecchiaia non dovrebbe mai insinuarsi nella mente umana. In natura ogni momento è nuovo, il passato è continuamente inghiottito e dimenticato; solo ciò che sta per arrivare è sacro. Niente è sicuro se non la vita, la transizione, lo spirito energicizzante.
    Cerchi



    La natura universale, troppo forte per la fragile natura del bardo, gli sta sul collo e scrive con la sua mano; e mentre sembra che il poeta porti avanti soltanto un suo semplice capriccio e un suo strampalato argomento, l'e-sito conclusivo è invece un'esatta allegoria. Per questo, Platone disse che «i poeti esprimono cose grandi e degne che essi stessi non intendono».
    Storia



    Il segno invariabile della saggezza consiste nel vedere il miracolo in ciò che è comune. Che cos'è un giorno? Che cos'è un anno? Che cos'è un'estate? Che cos'è una donna? Che cos'è un bambino? Che cos'è il sonno? Alla nostra cecità, queste cose sembrano prive di valore. Noi raccontiamo favole per nascondere la povertà del fatto e conformarlo, come noi diciamo, alla più alta legge della mente. Ma quando il fatto è visto alla luce di un'idea, la favola sfarzosa scolorisce e avvizzisce. Contempliamo la vera, più alta legge. Per il saggio perciò un fatto è vera poesia, e la più bella delle favole.
    Natura (1836)



    La società è come un'onda. L'onda si muove in avanti, ma resta immobile la massa d'acqua di cui essa è composta. La stessa particella non s'innalza dal fondo fino alla cima. La sua unità è solo fenomenica. Molte persone che compongono oggi una popolazione saranno morte nel prossimo anno, e la loro esperienza morirà con esse.
    Fiducia in se stessi



    Dacché "i governi hanno origine nella identità morale degli uomini", il riconoscimento di una comune natura umana con interessi comuni deve indurre gli uomini razionali a una comune fratellanza politica; e finché essi non diverranno abbastanza saggi per cooperare volontariamente al comune benessere, non è possibile alcun governo buono.
    Politica



    Plaudo all'uomo che si trova sempre all'altezza del suo còmpito, a un ufficiale che è all'altezza del suo grado; ai capitani, ai ministri, ai senatori. Amo un dominatore che sta saldo, piantato sulle sue ferree gambe, dal corpo armonicamente sviluppato, eloquente, ricco di qualità, dotato del potere di trascinare tutti gli uomini con il suo fascino, per crearne dei tributari e dei sostegni della sua potenza. Spada e bastone, o mezzi della stessa natura del bastone e della spada, fanno procedere il mondo. Ma reputo il dominatore tanto più grande quanto più può abolire se stesso e tutti gli eroi con lui, lasciando che penetri in noi quell'elemento di ragione che non ha riguardo per alcuno; quell'irresistibile e sottilizzante forza ascensionale distruggitrice d'ogni individualismo; quella potenza così grande ch'ogni potere annulla. Allora ecco un monarca che largisce al suo popolo una costituzione; un pontefice che predica l'eguaglianza delle anime e solleva i suoi servi da ogni barbaro omaggio; ecco un imperatore che può creare la potenza del suo impero.
    Gli uomini rappresentativi - A che cosa servono i grandi uomini



    Ahimè! nessun uomo va da solo. Tutti gli uomini vanno a gruppi da questo o quel santo o poeta, evitando il Dio che vede nel segreto. Essi non possono vedere nel segreto, amano essere ciechi in pubblico. Pensano che la società sia più saggia della loro anima, e non sanno che un'anima, la loro, è più saggia del mondo intero.

  4. #14
    Perjashtuar
    Anëtarësuar
    04-02-2003
    Postime
    444

    The Preacher: Permbledhje nga R.W.Emerson

    Po sjell ketu me poshte nje permbledhje nga ky shkrim i Emersonit duke ftuar cdo njeri qe do te donte te zhvillonte nje qendrim me te sinqerte ndaj fese,pavaresisht nga feja qe praktikon,te lexoje keto rreshta,dhe ne se keni kohe shkrimin e plote ne website-in perkates.

    The Preacher

    ...In consequence of this revolution of opinion, it appears, for the time, as the misfortune of this period that the cultivated mind has not the happiness and dignity of the religious sentiment. …. the Deity becomes more objective,until finally flat idolatry prevails.
    To see men pursuing in faith their varied action, warm-hearted, providing for their children, loving their friends, performing their promises, …The words, great, venerable, have lost their meaning. The object of adoration remains forever unhurt and identical… the glory of the One breaks in everywhere…In matters of religion, men eagerly fasten their eyes on the differences between their creed and yours, whilst the charm of the study is in finding the agreements and identities in all the religious of men. What is essential to the theologian is, that whilst he is select in his opinions, severe in his search for truth, he shall be broad in his sympathies,- not to allow himself to be excluded from any church. …An era in human history is the life of Jesus…. Mankind cannot spare the benefit of so pure a servant of truth and love.Of course a hero so attractive to the hearts of millions drew the hypocrite and the ambitious into his train, and they used his name to falsify his history and undo his work. I fear that what is called religion, but is perhaps pew-holding, not obeys but conceals the moral sentimentAnything but unbelief, anything but losing hold of the moral intuitions, as betrayed in the clinging to a form of devotion or a theological dogma ; as if it was the liturgy, or the chapel, that was sacred, and not justice and humility and the loving heart and serving hand.… It is the old story again : once we had wooden chalices and golden priests, now we have golden chalices and wooden priests.… The Church is open to great and small in all nations;, , to open bravely the upper eyes to the deep mystery of cause and effect, to know that though ministers of justice and power fail, Justice and Power fail never.

    The complete text please find here:
    http://www.rwe.org/?option=com_conte...d=59&Itemid=42

Faqja 2 prej 2 FillimFillim 12

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