IL CAPITALISMO GIU’ DI MORALE

di SERGIO ROMANO


Dopo il caso Enron (un colosso dell’energia che ha vistosamente truccato i suoi bilanci), un economista, Paul Krugman, scrisse che lo scandalo sarebbe stato pił grave, per gli Stati Uniti, degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Ciņ che č accaduto da allora sembra confermare questo giudizio. Il catalogo delle malefatte commesse dal capitalismo americano č impressionante. I conti delle aziende sono stati spudoratamente alterati. I revisori hanno nascosto al mercato il risultato dei loro controlli e lautamente approfittato del loro silenzio. Una grande impresa ha «gonfiato» con una vendita fittizia la colonna degli attivi. Alcuni consiglieri d’amministrazione (fra i quali l’attuale inquilino della Casa Bianca) hanno accettato prestiti, a condizioni di favore, dalle aziende su cui dovevano vigilare. Altri (fra cui lo stesso Bush) avrebbero sfruttato notizie riservate per sbarazzarsi tempestivamente di azioni che erano condannate a perdere, di lģ a poco, una buona parte del loro valore. Pensavamo che in materia di insider trading , conflitto d’interessi e diritto societario vi fossero negli Stati Uniti le migliori leggi del mondo. Ci accorgiamo che non sono riuscite a evitare le peggiori manipolazioni contabili commesse sin dall’epoca in cui i «baroni con i denti di acciaio» costruivano le loro enormi fortune. E’ probabile che la sinistra alternativa e il «popolo di Seattle» vedano in questi avvenimenti la conferma delle loro tesi. Farebbero bene, prima di pronunciare giudizi definitivi, a tener conto di almeno due considerazioni.
La crisi morale del capitalismo americano (che ieri č stato costretto ad accettare la paritą tra dollaro ed euro) č almeno in parte una conseguenza del suo dinamismo. Molte imprese hanno creduto che le straordinarie innovazioni tecnologiche degli ultimi anni avrebbero conquistato i mercati e creato rapidamente nuove abitudini. Quando si sono accorte che i consumatori, in molti casi, reagivano pił lentamente del previsto e che il valore delle azioni ne avrebbe sofferto, hanno cercato di mascherare le loro difficoltą. Le bugie, gli inganni e l’ingordigia di molti dirigenti sono un attentato alla fiducia, chiave di volta di ogni economia capitalista, e vanno sanzionati. Ma sono anche la conseguenza di una coraggiosa e frenetica «corsa alla modernitą».
Seconda considerazione. L’America ha dimostrato ancora una volta una straordinaria capacitą di reazione. La stampa ha indagato, i risparmiatori si sono organizzati per meglio difendersi, alcuni dirigenti si sono immediatamente dimessi, gli uomini politici hanno riconosciuto l’esistenza del problema e garantito che si sarebbero impegnati a evitare la ripetizione di quanto era accaduto. Ciņ che maggiormente colpisce, alla fine della giornata, č la prontezza con cui l’America si č messa immediatamente al lavoro. I mezzi d’informazione hanno avuto nella vicenda un ruolo decisivo. I giornalisti hanno aperto cassetti, svuotato armadi, ritrovato il filo di vecchie vicende, esposto panni sporchi. E non hanno esitato a chiamare in causa il passato del presidente e del vicepresidente.
A me sembra che questa storia americana contenga due lezioni, strettamente collegate. In primo luogo dimostra che la realtą, soprattutto in una fase di grandi mutamenti, «inventa» trasgressioni e deviazioni che nessuna legge aveva previsto. In secondo luogo conferma che la moralitą di un Paese dipende, in ultima analisi, dalla rapiditą delle sue reazioni e dall’indipendenza della sua stampa.
In ultima analisi l’America non sarą giudicata dai suoi scandali, ma dalla fermezza e dalla rapiditą con cui avrą saputo affrontarli. Per un Paese come l’Italia, dove le reazioni sono lente, i responsabili inamovibili e le leggi oscure o tardive, questa, non gli scandali, č la notizia pił importante che viene oggi dall’America.


Interesant,

perkthimi me vone