Ketu thuhet qe Shqiptaret e kuptojne ne mase italishten si dhe konsiderojne Shqiperine si nje Itali te vogel....keshtu qe mos e fshini kte teme.
media italiane sot
La piccola Italia che manca all’Europa
| ESTERI | Renato Farina
Pubblicato il giorno: 28/06/09
Oggi le elezioni politiche
A Tirana c’č una grande strada in mezzo alla cittą. Si allarga in due piazze. Una di esse č dedicata a Madre Teresa, l’altra a Scaderbeg, i due eroi nazionali. In quel viale si č svolto il grande rito prima della sfida tra i gladiatori. I gladiatori sono Sali Berisha ed Edi Rami. Il primo č premier e capo del Partito democratico (centrodestra, bandiere blu). Il secondo č sindaco di Tirana e leader del Partito socialista (centrosinistra, colore rosso). I due uomini sono pił alti della media, parlano come attori, una voce profonda, modulata. Si odiano, si vede. Si sono incrociati, ma erano invisibili l’uno all’altro davanti ai sessanta deputati d’Europa e Canada venuti a osservare le elezioni.
Oggi si vota per il parlamento albanese. Saranno scelti 140 deputati. I sondaggi dicono che il centrodestra č in lieve vantaggio. I socialisti movimentisti in lite coi socialisti (ex comunisti) non hanno deciso con chi schierarsi (staranno con il vincitore per essere decisivi). Ma in questo momento gli altri non contano. Contano questi due sfidanti, e sullo sfondo conta l’Albania, un Paese che pił italiano non si puņ e a noi sconosciuto.
Programmi gemelli
Nell’immenso boulevard Desmoret del centro di Tirana (un milione di abitanti), pulitissimo, ordinato, č come essere in uno stadio prima del derby. Verso piazza Madre Teresa ci sono i socialisti. Sono identificati con un numero: 33. Sono in lizza 34 partiti e loro sono il 33, gli anni di Cristo. Del resto a Tirana c’č anche il ristorante “Gesł Cristo”. A un chilometro c’č il raduno dei democratici, lista numero 10. A metą c’č una specie di terra di nessuno presidiata dalla polizia. Di nessuno nel senso che č di tutt’e due. Nessun battibecco, ma solo un lieve sfottņ. Avevamo letto di due agguati contro candidati al parlamento. Un capo democristiano (Pdk) č stato fatto saltare per aria. Ma centrodestra e centrosinistra minimizzano unanimi, e il dipietrista locale, del Partito Giustizia e Legge ha commentato con cinismo: la politica non c’entra, era coinvolto in traffici criminali. E la vigilia del voto, in questa arena dove i duellanti si fanno versare olio sui muscoli come lottatori antichi non c’č neanche una briciola di violenza. Naturalmente l’olio era una metafora, ma i peana sono veri, e i due manca solo si facciano circondare la fronte con l’alloro e il mirto. Le bandiere rosse attraversano nugoli di stendardi blu. Cercano di urlare pił forte perņ quelli di Berisha. I suoi sostenitori hanno anche affittato un aereo che sorvola a quota pericolosa i manifestanti con la scritta in coda: “Cambiamo, andiamo in Europa”. Dall’altra parte stesso slogan e stesse parole. Cambiamento. Europa. Un po’ meglio vestiti gli adulti di Berisha, ma i ragazzi sono identici, circolano su motorini rombanti, con le bandiere di opposti colori, si sfidano come in tornei medievali a chi si sposta per ultimo brandendo le aste di plastica dei loro partiti di riferimento.
Poi i comizi partono sul far del tramonto, prima che si scateni un temporale tropicale. Il programma fondamentale č identico per i due candidati: modernizzare, lottare contro la corruzione (identificata ciascuno nel partito dell’altro). La differenza č l’appartenenza, il clan. La promessa elettorale pił enorme e grande č questa e identica per entrambi: riusciremo a liberalizzare la circolazione degli albanesi in Europa, passaporti passepartout. Basta code ed eterne attese ai consolati per i visti. Vedrete: io Berisha, io Rami vi porterņ in Europa, l’altro sputtana gli albanesi, io li rendo popolari. Berisha ha messo nella propaganda ufficiale lo stemma della Nato. Il suo merito č sģ di aver costruito strade, guidato un’economia in espansione formidabile nonostante la crisi, ma soprattutto di aver fatto entrare il 4 aprile di quest’anno l’Albania nella Nato, e di aver sottoscritto un patto di stabilitą con l’Unione europea per vedere se potrą diventare anch’essa un Paese comunitario. Lo stemma della Nato, sconosciuto al 97 per cento degli italiani, qui č popolare come i colori della Juventus, del Milan o della Roma. Qui l’Europa č un mito e l’America anche. Sventolano le bandiere con le dodici stelle e quelle americane. Persino votare qui č ancora una pratica attesa come una speranza; č una specie di rito di iniziazione dell’Albania, antica nazione illirica, conquistata dai romani ed evangelizzata da San Paolo, ma giovanissima democrazia, una specie di adolescente che si affaccia adesso sulla vita occidentale e sul benessere, dopo cinquant’anni di dittatura comunista crudelissima e folle, e altri dieci anni di instabilitą e di rischi di guerra civile (ed anzi nel 1997 ci fu davvero, e partģ dai socialisti a Valona…).
Viene al comizio dei democratici il presidente del Partito popolare europeo Wilfried Martens, porta i saluti e il sostegno a Berisha di Sarkozy, Merkel e Berlusconi. Quando dice il nome di Berlusconi entusiasmo tra la folla. Cinquantamila persone contente e trepidanti per la vittoria. Altrettanti stanno con i socialisti e con il sindaco Edi Rami, che sembra Mourinho, stessa faccia con lo sguardo scuro, barba studiatamente lunga come chi sta su di notte a lavorare per il popolo. Anche tra i socialisti la gioia di votare. E sembra il film “Don Camillo”, dove le campane del prete cercavano di disturbare il comizio del comunista. Il quale alza i volumi del suo altoparlante. E la telecamera della tivł pubblica sorvola la strada con un parapendio a motore, invece dell’elicottero, e si ha paura si schianti da un momento all’altro, ma la abbiamo paura noi, la gente č abituata a una vita sul filo.
Paese sottovalutato
Č incredibile come noi si sottovaluti questo Paese. Tutti ma proprio tutti i tre milioni e seicentomila abitanti (un milione a Tirana) parlano italiano. Negli incontri internazionali ufficiali la lingua preferita č l’italiano. Da qui non partono pił i barconi. Ci fu un accordo, rispettatissimo, con il governo italiano. Con una conseguenza negativa per il loro turismo e le nostre esportazioni. Allora fu fatta approvare una legge che vietava a ogni imbarcazione di diporto di circolare sulla costa. Risultato: i porticcioli turistici sono abbandonati, e le nostre industrie di gommoni, motoscafi e yacht potrebbero esportare qui per la nascente borghesia e per il turismo balcanico un sacco di scafi, e non si puņ. In compenso noi siamo il primo partner commerciale dell’Albania, la banca principale č di Intesa-San Paolo. E questo Paese giovane mentre noi gią nel 2008 siamo andati in recessione ha aumentato il Pil del 6 per cento! Quest’anno dove in ogni parte del mondo il reddito crolla, qui cresce ancora, un po’ meno del 2008 ma comunque č dato tra l’1 e il 3 per cento in ascesa. Il debito pubblico che da noi č il 105 – 106 per cento del Pil qui č al 54,78 per cento. Gli stipendi sono bassi, un operaio guadagna perņ in base al merito (si va dai 150 ai 350 euro), ma il costo della vita č basso.
Troppa corruzione
Il guaio č la corruzione diffusa a ogni livello. L’altro guaio č la criminalitą organizzata. Insomma le mafie. Ma noi qui faremmo anche bene a stare zitti. In compenso a Tirana ci sono meno rapine e meno furti nelle case che a Milano o Roma. Ovvio, i criminali quando la caduta del regime comunista ha dischiuso le porte delle carceri, i brutti ceffi sono andati in gran parte in Italia, dove c’era pił da portare via.
Intanto, qualcuno sia tra gli onesti sia tra i delinquenti č tornato. Dicono che questi ultimi siano arrivati coi soldi per darsi alla politica, in tutti i partiti. Ma non č un gran novitą. Altri fanno fiorire questo Paese: almeno dove č possibile. Ahimč tante coste e tante pinete sono state sventrate dalla cementificazione ai tempi dell’anarchia (anni 90). E paiono irrecuperabili la un tempo bellissima Durazzo e il suo azzurro mare. Ma a sud ci sono ancora baie deliziose. E nell’interno i fratelli Cobo, emigrati in Trentino come muratori, hanno poi lavorato come cantinieri nelle migliori aziende vinicole, tra cui la Ferrari. Tornati qui producono un rosso splendido.
Oggi si vota. Pare che duecentocinquanta mila persone siano senza documenti idonei, si grida ai brogli prima del tempo. La democrazia č giovane, si spera che i due gladiatori siano leali.
http://www.libero-news.it/articles/view/554642
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